Sembra che in questi ultimi giorni, dopo l’assemblea di Articolo UNO, stia decollando la discussione sulle prossime elezioni comunali di Pisa. Un po’ tutti, partiti e liste, hanno comunicato l’avvio del dibattito interno. Ciò è positivo soprattutto se prima di parlare di coalizioni e di candidati si fa una analisi sui problemi, sullo stato effettivo delle cose inteso non come mero elenco delle questioni, aperte i chiuse che siano, ma intesa come una verifica sul rapporto fra i cittadini e l’amministrazione. Fra le istituzioni e il popolo, verrebbe da dire. Perché è qui, secondo me, il primo problema, anche a livello locale. C’è un malessere sociale che crea malcontento locale e alimenta distacco e sfiducia verso la politica, sia nella versione esecutiva che in quella rappresentativa. Per questo bisogna pensare ad un percorso innovativo, che non parta dal vecchio schema dei rapporti politici e sia capace di interessare e attivare energie nuove. Altrimenti, senza un processo di larga fiducia, sarà assai difficile governare e risolvere i problemi. Almeno ci dobbiamo provare e in tal senso abbiamo parlato dell’esigenza di lavorare ad un PROGETTO CIVICO PER LA CITTÀ. Nelle posizioni emerse finora sulla stampa non mi pare ci sia una grande consapevolezza di tutto ciò. Si parla di aperture e alleanze, e questo è positivo, ma ancora non si coglie la questione di fondo, che è quella di come mutare un clima politico non favorevole alla riproposizione per il centrosinistra di uno schema improntato alla pura continuità dell’esperienza di questi anni. Se la risposta è quella di fare le primarie di coalizione come passaggio risolutore di tutto penso che il centrosinistra non andrà lontano. Il PD, come primo partito, ha tutto il diritto di fare è portare avanti le proposte che vuole. Basta che se ne assuma la responsabilità e non pretenda di scaricare i problemi sugli altri.
Giovedì sera ho partecipato ad un dibattito organizzato, nell’ambito degli incontri di Eliopoli, sul tema dello sviluppo del Calambrone, nella piazza realizzata con il piano di recupero di una piccola località del litorale pisano a lungo abbandonata e degradata. Quel piano, pensato nel 2003, alla fine della mio primo mandato di Sindaco, prevedeva di farne il terzo centro del litorale, dopo Marina e Tirrenia, con un insediamento potenziale di duemila abitanti. Ora siamo a circa novecento residenti e la piazza esprime una visibile vivacità. Se pensiamo che nel mezzo c’è la più lunga crisi economica che abbiamo conosciuto, con i suoi pesanti effetti sull’edilizia e il mercato immobiliare, bisogna ritenersi soddisfatti della strada fatta. Anche grazie a imprenditori che non hanno mollato. E poi lì si respira un’aria davvero interessante di “connubio” pisano livornese.
Per quanto riguarda il dibattito politico italiano l’iniziativa più interessante di questi giorni mi sembra la presentazione del rapporto curato dalla Commissione Jo Cox sui fenomeni d’odio collegati all’intolleranza, al razzismo, alla xenofobia, reso pubblico ieri. In proposito invito a leggere l’articolo di Chiara Saraceno. Però è quantomeno curioso, fino al paradossale, che proprio in questi giorni il quotidiano Repubblica si sia dedicato a sviluppare ad un dibattito sulla cosiddetta “campagna di odio” costruita contro Matteo Renzi. L’innesco l’ha fornito lo psicanalista, frequentatore della Leopolda renziana, Massimo Recalcati con un articolo di pochi giorni fa. Da lì una strana discussione in cui si cerca di destare simpatia per la vittima dell’odio e, ovviamente, demonizzare i critici incitatori all’ostilità verso Renzi. Cioè si cerca di trasformare una comprensibile antipatia, per chi ce l’ha, in una specie di immotivata avversione. Tutto ciò a prescindere da quello che Renzi ha fatto nella centrale funzione politica che esercita. Come se non esista alcuna relazione fra le sue scelte politiche e sentimenti che ha generato nel Paese. Si tratta di una operazione sconcertante e deprimente per un giornale che ha una storia di rilievo nella informazione progressista del nostro Paese. Soprattutto sul piano culturale. La verità me l’ha detta una compagna, non più giovane, al supermercato: “io ho votato Renzi, ci credevo, ma è un chiacchierone”. Ecco, questa è la questione su cui dovrebbero riflettere, il PD e i vari Recaltati del caso. Altro che odio: è la verifica e la coerenza dei fatti.
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