Alcune considerazioni sul fine settimana e sull’inizio della nuova. Venerdì e sabato ho partecipato alla presentazione di due libri, molto diversi fra loro ma assai interessanti. In primo luogo quello di Tito Barbini e Paolo Ciampi “I sogni vogliono migrare. Storie di viaggi e di confini da attraversare”. Il contesto era quello della presentazione della rivista “Il Grandevetro” dedicata all’Europa. Il libro di Barbini ha di fatto messo al centro le grandi emergenze internazionali di questa fase (processi migratori, terrorismo e paure) facendo emergere tutti i limiti di una politica che si piega alle chiusure nazionalistiche e cancella il valore della solidarietà. Poi a Uliveto, promossa dal Comune di Vicopisano, la presentazione del volume di Roberto Morassut sulla drammatica storia di Giuliano Taccola, centravanti della Roma morto nel 1969, a 26 anni, in circostanze che hanno fatto molto discutere e mai chiarite fino in fondo. Ho partecipato, sollecitando l’iniziativa, perché ricordo ancora la grande commozione che quell’evento provocò allora, nella popolazione e fra i ragazzi che come me seguivano e praticavano il calcio nella nostra provincia. Giuliano Taccola, pisano, si stava affermando nella scena nazionale come uno dei cannonieri più forti e promettenti. Bella la testimonianza di Francesco Morini, una delle colonne difensive della Juventus per tanti anni, intervenuto alla presentazione.
Domenica invece ho fatto un salto ad ascoltare il discorso di Andrea Orlando in Largo Ciro Menotti. Spiegava la sua candidatura per la segreteria del PD in vista delle primarie. Ha ripreso molte cose di quelle che come SinistraDem dicevano già due anni fa, sul PD renziano e sulle politiche portate avanti senza un reale confronto nel partito. Fino alla vicenda della sconfitta nel referendum del 4 dicembre. In un certo senso c’è il riconoscimento delle posizioni e delle battaglie che come minoranza di sinistra abbiamo fatto, ma che non hanno trovato a lungo sponde nel confronto interno da parte di altre componenti della maggioranza. Se oggi, dopo la cosiddetta scissione, in realtà già avvenuta tra gli elettori fin dalle elezioni amministrative, si prende atto delle difficoltà e si afferma l’esigenza di uno spostamento a sinistra del PD, è un fatto positivo. Ma forse tardivo, come ha dimostrato l’esito del voto tra gli iscritti. Infatti il livello di consenso raccolto da Renzi nei circoli, dopo le pesanti sconfitte elettorali e referendaria, dimostra che il partito in questi anni si è modellato sulla sua visione e si va sempre di più identificando con la figura di Renzi leader a tutto campo. Una vera e propria mutazione dal progetto originario del PD. Questa è stata anche una delle valutazioni, insieme ai contenuti e ai valori delle scelte politiche, che mi hanno portato alla decisione di uscire dal PD e di impegnarmi per ricostruire un progetto di centrosinistra credibile e innovativo. Però, se accadesse che alle primarie il quadro cambia, magari con la vittoria di Orlando, la battaglia per un nuovo centrosinistra diventerebbe indubbiamente più forte e interessante. Ma resta il dubbio se il PD, com’è oggi sul piano degli iscritti e del modo di essere, sia in grado di riconvertirsi un’altra volta.
Infine la nuova settimana. È iniziata ieri sera con l’iniziativa promossa da Articolo UNO-MDP sul tema della legge elettorale. Saletta della Leopolda piena e ottima discussione nel merito. Le introduzioni di Stefano Quaranta e del costituzionalista Rolando Tarchi hanno messo a fuoco con chiarezza i termini della questione, in tutti i suoi aspetti, tecnici e politici. Maria Cecilia Guerra ha tirato le fila sul piano della situazione politica. Nelle stesse ore Renzi ha dichiarato da Vespa, dopo averli difesi a lungo, che è disponibile a togliere i capolista bloccati, ma tuttavia non ha detto in quale contesto di riforma. Rimanda la palla ad altri, confermando il sospetto che in fondo preferisce votare con le attuali norme. Vedremo. Io penso che oltre al superamento dei capolista bloccati sia necessario modificare i collegi per ricostruire il tema del rapporto tra l’eletto e i cittadini elettori. Si tratta di un aspetto fondamentale per la credibilità e la forza della rappresentanza, che deve avere un riscontro territoriale agibile. Cosa impossibile con collegi di 700-800 mila abitanti. In più con questa dimensione dei collegi crescono i costi delle campagne elettorali in modo tale da aprire la strada a finanziamenti impropri. Comunque sono contento che si torni a discutere di politica sui problemi e non sugli equilibri di partito, o sui “votifici” a misura di candidature più o meno personalizzate.
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