«La delusione c’è lo stesso, nonostante il lusinghiero risultato personale. E un po’ brucia». Tempo di cambiamenti, per Paolo Fontanelli. «Torno libero cittadino», sorride amaro. L’ormai ex deputato ha partecipato martedì scorso, alla Camera, all’ultima riunione del Collegio dei Questori di questa legislatura. Poi l’ultima riunione dell’Ufficio di Presidenza con Laura Boldrini. «Il seguito del tempo – dice – l’ho trascorso iniziando a riempire gli scatoloni per liberare l’ufficio e, dopo, il monolocale in cui ho abitato per molta parte degli ultimi otto anni».
Gli altri cambiamenti sono quelli che auspica a Pisa. Cambiare per difendere sinistra e centrosinistra dall’assalto che centrodestra (in primis la Lega Nord) e Movimento 5 Stelle, forti dei risultati alle politiche, si apprestano a sferrare per conquistare Palazzo Gambacorti.
Ma quanto è stata inattesa la mancata elezione al Senato, dov’era candidato? «Inattesa no. Si trattava comunque, anche con un risultato nazionale migliore, di una possibilità molto difficile. Credo che in politica, quando finisce una stagione del proprio ruolo, bisogna prenderne atto. Cercherò comunque di dare una mano affinché si affermi nella politica pisana una nuova generazione di persone capaci, con una forte cultura di attenzione verso la cosa pubblica e gli interessi generali della comunità».
Eppure, Liberi e Uguali aveva fiutato il vento. Aveva capito che dall’elettorato arrivavano fortissimi segnali contraria al centrosinistra. Ma non è stato sufficiente. «Avevamo sentito il diffuso malessere sociale e con esso il possibile smottamento elettorale del Pd – spiega Fontanelli -. Ma non in questa misura e in questa forma. Il voto del 4 marzo ha stravolto il sistema politico e mutato radicalmente il quadro delle responsabilità. Noi, come Liberi e Uguali, pensavamo di poter recuperare una parte significativa di quel malessere, segnato dalla delusione per le politiche del Pd, e invece ne abbiamo intercettata solo una piccola parte. Tutto il resto è andato verso M5S e Lega. Il perché sta nel fatto che siamo stati identificati come un elemento del vecchio sistema, quello da cambiare. E certamente dobbiamo rimproverarci molte cose, dalla formazione delle liste ai deboli messaggi nella campagna elettorale. Una cosa però l’abbiamo vista con chiarezza: la crisi sociale produce sfiducia e alimenta i populismi, e l’antidoto non può che essere quello della lotta alle diseguaglianze. Per fare questo occorre un vero e serio partito della sinistra, che purtroppo ora non c’è. Non ancora».
Sullo scenario, la costruzione del soggetto unitario della sinistra. A metà aprile si terrà l’assemblea nazionale di LeU che avvia il percorso congressuale. «Il progetto avrà successo – dice Fontanelli – solo se saprà dare risposte a quella domanda di cambiamento che finora ha seguito le sirene della demagogia e costruire una formazione politica radicata nel territorio e nella pratica della partecipazione». Da imparare, secondo l’ex sindaco, la lezione del Pd. «Dobbiamo fare l’esatto opposto. Meno personalismo, meno partito del capo e recupero del senso del collettivo, valorizzando in questo modo il pluralismo interno e l’apertura verso la società. I partiti, quelli di un tempo, quelli della Costituzione, non ci sono più, e nel vuoto che hanno lasciato ci sono e contano altri poteri. Ma da un punto non si sfugge: per rivitalizzare la democrazia è assolutamente necessario rigenerare la fiducia nel sistema politico e nei partiti attraverso la trasparenza e la partecipazione».
Il voto in città, le preferenze perse a sinistra che hanno caratterizzato le periferie, quali indicazioni vi danno? «Anche aPisa, come nel resto d’Italia, nelle aree più marginali e periferiche, come nei quartieri popolari, cioè nelle zone dove è più alto il disagio sociale, abbiamo riscontrato uno spostamento elettorale a favore della Lega o dei Cinque Stelle. Questa tendenza rende più reale e preoccupante la possibilità che alle elezioni comunali la guida della città venga conquistata dalla destra. E allo stesso tempo pone un problema di identità alla sinistra. Alle forze politiche come al mondo e alla cultura della sinistra in senso più generale. Quello che mette al primo posto parole come lavoro, giustizia sociale, democrazia, solidarietà. Un mondo che a Pisa ha una storia e una presenza diffusa, ma che si rischia di perdere se non si affondano le mani in quel disagio, se non si recupera un rapporto con chi ha subìto i colpi della crisi e ha perso la prospettiva del futuro».
LeU ha aperto al confronto con il Pd: ma a quali condizioni? «Anzitutto nei mesi scorsi abbiamo aperto un confronto con la città attraverso il ciclo di incontri chiamato” Pensieri e Persone Per Pisa”. In tanti sono intervenuti e lo spaccato che ne è uscito è quello di una città che ha bisogno di ritrovare una visione e un impegno comune. Le idee, e anche le critiche, non mancano. Ma vi sono grandi potenzialità. Con il Pd ci siamo incontrati in questi giorni ed abbiamo posto il problema di costruire una alleanza su basi di rinnovamento e non di continuità. Dobbiamo fare i conti con una società caratterizzata, come dice il rapporto del Censis, dal risentimento e dallo scontento diffuso cresciuti con l’aumento dell’insicurezza, soprattutto sociale». Il nodo è la scelta del candidato sindaco: «Abbiamo chiesto di azzerare i nomi in circolazione e di cercare insieme una proposta che allarghi il campo anche fuori dai partiti e dai ruoli istituzionali».
Francesco Loi
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