Ho appena finito di leggere il nuovo romanzo di Jonathan Coe “Middle England”, che ha come epicentro l’incubazione e lo sviluppo del clima sociale che nel nel giro di alcuni anni portò nel 2016 alla Brexit. Cioè alla vittoria, nel referendum britannico, della proposta di uscita dall’Unione Europea. In particolare sul disagio sociale prodotto dalla crisi e sulla crescente ostilità verso verso immigrati nei territori e nelle città più lontane da Londra, dalla grande metropoli cuore pulsante del Paese. Anche con una certa diffidenza verso gli strati intellettuali e verso coloro che sono più aperti al confronto con la società multietnica. Oggi in Inghilterra si discute aspramente sugli esiti di quel voto e di quella scelta poiché ha dei costi assai pesanti. Ma la rabbia cresciuta in quegli anni non sembra sia superata. Da molti commenti si può dedurre che anche in Francia, con la ribellione di piazza sulle misure annunciate dal Governo, si è andata sviluppando la stessa situazione. Anzi, anche più accelerata e dirompente. Difficile da etichettare sul piano politico perché manifestano insieme sinistra, destra, anarchici e in genere tutti gli scontenti. Tuttavia il punto che emerge è chiaro: a Macron, l’astro nascente contro la vecchia politica, si rimprovera di avere abbassato le tasse ai ricchi e non aver fatto niente per i più poveri. Ovvero ha fatto crescere le diseguaglianze ignorando le promesse che aveva fatto in campagna elettorale.
Ma la questione sociale si pone anche in Italia assai seriamente. E forse non solo sociale ma anche di tenuta del tessuto democratico e civile del Paese. Il rapporto del CENSIS descrive la situazione molto preoccupante di una società incattivita, dominata dagli impulsi peggiori, fatti di chiusure individualistiche e privi di un qualsiasi respiro ispirati all’interesse generale. Quel respiro a cui ci richiama quotidianamente il Presidente Mattarella, mentre gli uomini del Governo non fanno altro che motivare ogni scelta in base alle loro promesse elettorali. Tra l’altro mentendo continuamente sulle misure che annunciano, come nel caso della manovra economica e finanziaria, e senza alcun rispetto delle regole della trasparenza. Adesso siamo arrivati, dopo settimane in cui Salvini e Di Maio hanno detto e ridetto che i numeri non sarebbero cambiati nonostante le richieste della Commissione europea, ad una ipotesi di accordo che prevede un sostanziale passo indietro. Cioè dal 2,4 si passa al 2, come aveva chiesto l’Europa molte settimane fa. Però i furbi governanti italici, guidati da due imbroglioni come i vice premier, hanno detto che in realtà si tratta del 2,04. Questo con l’idea che giocando su quello 04 che assomiglia al 4 possa passare nell’immaginario collettivo l’idea che loro non si sono mossi, sono stati fermi e intransigenti sulle loro posizioni. Ecco, il problema non è sul merito della mediazione, che di per sé è necessaria, ma è su questo metodo falso e ingannevole di gestire il rapporto con il Parlamento e soprattutto con l’opinione pubblica. E sicuramente non è questa la strada per rendere il Paese meno rancoroso e incattivito, più disponibile a dare una mano per affrontare le difficoltà economiche e sociali prodotte dalla crisi. Alcuni sostengono che invece è proprio quello che vogliono per ragioni elettorali. Forse è vero, ma è una strada che non porta lontano perché acuirà tutte le contraddizioni della situazione presente. Semmai quello che si dovrebbe ricavare come indicazione primaria da un rapporto come quello del CENSIS è il rilancio della intermediazione politica e sociale, e quindi del ruolo nel rapporto con la società delle forze politiche e delle rappresentanze sociali e associative.
Di questo si parlerà nella iniziativa di presentazione del quaderno del Circolo Rosselli dedicato all’attuazione dell’articolo 49 della Costituzione promossa dalla Scuola S.Anna per martedì 18 dicembre.
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