Ieri abbiamo inaugurato la sede pisana di Articolo UNO-Mdp con la partecipazione del nostro copogruppo alla Camera Francesco Laforgia. C’erano tanti compagni e amici che hanno affollato le stanze della sede in via San Martino. E hanno raccolto l’invito anche molti esponenti delle istituzioni e di altri partiti, in particolare del PD. Ciò ci ha fatto molto piacere, ma sopratutto siamo contenti di avere scelto un locale che può diventare davvero un luogo di incontro, di confronto e di partecipazione alla politica, e utile anche al rilancio del dibattito culturale. Il 26 del mese intitoleremo la sala incontri a Alexander Langer con l’idea che la sua figura, il suo modo di affrontare i grandi problemi del mondo con uno spirito profondamente umanitario e europeista, dalla difesa dell’ambiente alla non violenza, fino alla pratica di una militanza politica improntata ad un grande rigore morale, possa aiutare la comprensione e la riflessione sulle contraddizioni del nostro tempo.
Stamani, verso Roma, alla lettura dei giornali, qualche considerazione. Innanzitutto sul fatto più importante di questo fine settimana: l’elezione di Macron alla Presidenza della Repubblica francese. Anzi, la sconfitta di Marine Le Pen che rappresenta una tappa di arresto verso quel populismo di destra, xenofobo e antieuropeo, che abbiamo visto crescere negli ultimi anni e che si temeva più di ogni altra cosa. Infatti per molti è difficile capire se si sia trattato più di un voto contro anziché di un voto per. Molti commentatori hanno sottolineato che per tanti francesi si è trattato di scegliere il “male minore”. Se è così, bisogna sapere che comunque una malattia c’è, e allora è fondamentale ragionare subito sulla terapia necessaria. Per questo mi stupisce che, una volta tirato il sospiro di sollievo, in molti si spingano a esaltare l’operazione Macron come la soluzione. Lo dico dopo aver letto i commenti di Enrico Letta e di Prodi. Certamente c’è un dato positivo sulla scelta europeista di Macron, comunque interpretata molto “alla francese” come si è ben capito dal suo discorso di domenica. Ma il punto di fondo resta quello del contenuto, in termini di politica economica e sociale, che si deve dare alla svolta necessaria per il rilancio del progetto di integrazione europea. Le politiche fatte finora hanno seguito sostanzialmente le indicazioni e le esigenze del sistema finanziario internazionale, che tra l’altro sono una delle ragioni principali della crisi che attanaglia l’Europa dal 2008. Macron, che viene da quel mondo, rappresenta una possibilità di rottura con quelle logiche e con i relativi interessi? Oppure si pensa che si possano “curare” le politiche che hanno provocato il disastro della crescita delle diseguaglianze, vero motore del populismo, semplicemente riproponendole sotto insegne e facce nuove? La considerazione se davvero si sta fermando “l’ondata populista” va fatta rispondendo a questi interrogativi e alle questioni politiche che pongono. Ecco perché non mi convincono commenti affrettati e rispondenti soprattutto a logiche e considerazioni di tipo mediatico, come quelli che individuano nel voto francese una netta inversione di tendenza. Del resto leggo che all’incontro con Barak Obama a Milano partecipano Marchionne, Tronchetti Provera, Monti, Todini, Marcegaglia, John Elkann, Renzi, Diego Della Valle, Luca di Montezemolo e altri, e mi chiedo se in quella compagnia c’è qualcuno che si sia battuto per cambiare, almeno un po’, le coordinate di un processo economico del tutto subordinato al potere finanziario. Domanda inutile, però anche loro, dopo aver stigmatizzato il pericolo populista, alla fine se la prendono con i partiti sempre più incapaci di esercitare un vero peso politico. Che dire? Con queste premesse mi sembra arduo sostenere che l’onda del populismo, del risentimento sociale, delle paure che alimentano lo scontro fra i più deboli, sia in ritirata.
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