Nel pomeriggio il voto di fiducia posto dal Governo sulla cosiddetta “manovrina”, che doveva servire per un semplice aggiustamento dei conti e piano piano è diventata un provvedimento assai corposo, comprensivo di misure in vari campi e soprattutto utilizzato per introdurre alcune forzature assai discutibili sul piano della correttezza istituzionale. In particolare sulla vicenda dei voucher e della sentenza del Tar sui direttori dei musei. Norme estranee alla materia e inserite in modo improprio, che potevano essere affrontare in un normale percorso legislativo. Molto grave è il caso dei voucher perché si configura come un aggiramento elusivo dell’istituto del referendum: prima si fa un decreto per abolirli e quindi far saltare il voto referendario già fissato, e poi con un emendamento si reintroduce la norma sotto altro nome. Per questo, oltre che per gli effetti distorsivi sul mercato del lavoro, il gruppo di Articolo UNO-Mdp ha denunciato lo “strappo” operato dalla maggioranza e ha deciso di non partecipare al voto di fiducia. Di fatto una rottura politica ampiamente cercata dal PD, che ha rifiutato un confronto di merito e anche ogni richiamo al buon senso. Qualcuno dice che la nostra posizione è “pregiudiziale e ideologica” ma non è vero. Infatti il nostro gruppo parlamentare ha presentato in data 17 maggio una proposta di legge sulla disciplina del lavoro accessorio, così come aveva fatto sulla tutela dei lavoratori dai licenziamenti illegittimi. Vedi la proposta di legge di Mdp in materia di lavoro accessorio e quella, in allegato, in materia di tutela dei lavoratori contro i licenziamenti illegittimi.. Chi ha davvero a cuore la lotta alla precarietà del lavoro deve partire da un confronto serio su questi problemi. E Articolo UNO sta cercando di farlo.
In serata poi è stata presentata la nuova proposta sulla legge elettorale e dalle prime impressioni si è rivelata giusta l’idea che era meglio non fidarsi. L’accordo fra il PD, Forza Italia, la Lega è il M5S ha tutte le caratteristiche del “grande inciucio” e sembra ritagliato su misura per le loro esigenze. Del sistema tedesco, tanto citato, c’è ben poco. In realtà si tratta più di un sistema maggioritario mascherato da proporzionale che non di un sistema fondato sull’equilibrio fra rappresentanza e governabilità. Resta del tutto ignorato il tema del potere di scelta sui candidati da parte degli elettori. In pratica si tratta di candidature tutte bloccate e selezionate dai capi partito. L’esito sarà in ogni caso quello di un Parlamento di nominati. Per questo mi auguro che fino dal dibattito in commissione affari costituzionali si avvii un confronto reale, con la disponibilità a emendare e rivedere almeno le modalità di elezione dei parlamentari. Mentre fanno pensare le spinte ad accelerare il percorso per arrivare alle elezioni a settembre o ottobre. Quindi prima della legge di stabilità, con il rischio di una situazione di forte incertezza nell’economia e il conseguente aggravamento della situazione del Paese. Preoccupazioni, queste ultime, espresse da più parti. Certamente l’interesse generale sarebbe salvaguardato meglio mantenendo la scadenza naturale della legislatura. Non si capisce perché questa corsa, se non per ragioni politiche di parte o per ambizioni personali. Comunque domani ne sapremo di più. Forse.
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