Fra oggi e domani si chiude la fase della presentazione delle liste dei candidati e inizia la campagna elettorale vera e propria. Una fase che si è caratterizzata per le situazioni polemiche che hanno investito tutte le forze politiche che hanno gruppi parlamentari uscenti nella legislatura attuale, che si conclude il 4 marzo. Qualche polemica sulle riconferme o sulle non riconferme dei parlamentari uscenti c’è sempre stata, ma questa volta il tema si è posto in modo molto più forte a causa di una legge elettorale cervellotica e sbagliata, che produce un effetto di centralizzazione forzato della gestione delle candidature a causa della sovrapposizione dell’uninominale con i listini plurinominali, dell’ampiezza interprovinciale dei collegi e dell’intreccio sui calcoli e le probabilità elettorali. L’effetto è quello ben analizzato dall’articolo di Antonio Floridia sul Manifesto di stamani (in allegato). Tuttavia alcuni brevi commenti voglio farli sul piano della valutazione politica. In primo luogo per quanto riguarda noi di Liberi e Uguali. Credo che, seppure in un contesto stretto e centralizzato, qualche errore serio sia stato fatto. Soprattutto nell’uso eccessivo delle pluricandidature per rendere possibile la presenza in Parlamento del nucleo principale del gruppo dirigente del nuovo soggetto politico. Questa scelta ha ristretto il quadro delle possibilità sacrificando una serie di rappresentanze territoriali di qualità. A me preoccupa molto la situazione a rischio in cui abbiamo messo una brava e giovane deputata come Lara Ricciatti e mi dispiace profondamente della non ricandidatura di Gianni Melilla, che si è fatto valere efficacemente nella battaglia parlamentare. E non sono le sole situazioni che hanno lasciato strascichi polemici comprensibili.
Altra cosa è la vicenda del PD, dove le difficoltà manifestate da una legge elettorale voluta da loro sono state utilizzate per ridimensionare pesantemente il ruolo e la presenza delle minoranze. Come osservano tutti i commentatori, Renzi, attraverso una rappresentanza parlamentare costruita sulla fedeltà al capo, sta realizzando il suo partito personale. Un partito che sul piano dei contenuti politici si fa sempre più centrista. Peraltro sacrificando marcatamente le rappresentanze territoriali, come è avvenuto a Pisa.
Anche dal M5S è arrivato un pessimo segnale, con ciò che è avvenuto con le cosiddette parlamentarie. Molte sono le denunce di partecipanti scomparsi improvvisamente dal monitor. Nessuno sa come e perché le liste sono sottoposte alle manomissioni di un vertice opaco, per non dire oscuro. Tutte queste vicende portano, o dovrebbero portare, ad una riflessione seria sull’esigenza di introdurre meccanismi volti ad obbligare i partiti ad essere trasparenti sulla loro vita democratica interna e sulla selezione dei gruppi dirigenti. Oltre che sui finanziamenti. Ci vuole una legge di attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Una legge che finora i grandi partiti, e anche i Cinque Stelle, hanno osteggiato.
Ma per finire con un minimo di ottimismo e di fiducia voglio sottolineare la straordinaria riuscita della manifestazione di ieri pomeriggio a Pisa per dire no ai fascismi vecchi e nuovi. Tanta gente, tanti compagni e compagne, e tanta sinistra. Ma non solo. Comunque è evidente che se la destra fascista, e leghista, rialza la testa, ciò è dovuto in qualche modo alle politiche fatte negli ultimi anni. Mi riferisco in particolare al fatto che la delusione che spinto tanta sinistra ad astenersi, a stare a casa, a mollare sulla partecipazione, è una delle ragioni principali delle vittorie del centrodestra in molte città, a cominciare da Genova, città medaglia d’oro della Resistenza. Per questo si fa avanti e preoccupa il ritorno di azioni, intimidazioni e messaggi dal sapore fascista. Ma la causa sta nelle politiche che hanno prodotto quella delusione e quel disimpegno. Non basta e non serve fare appelli all’unità se non si cambiano quelle politiche. Credo che questo sia il messaggio da raccogliere dalla manifestazione di ieri.