E’ iniziato ieri alla Camera il dibattito sul bilancio interno con la relazione del Collegio dei Questori e gli interventi dei gruppi. In aula solo i rappresentanti dei gruppi principali e hanno preso la parola il PD, Forza Italia, M5S e Articolo Uno-Mdp. Da parte di tutti il riconoscimento per il risparmi attuati, che hanno raggiunto i 350 milioni in quattro anni, ma da parte del M5S si è voluto dire che questo non basta, che comunque i costi del funzionamento delle istituzioni sono troppo alti e che non ci si deve preoccupare del mantenimento di un equilibrio finanziario compatibile con l’esigenza di garantire la continuità e l’autonomia dell’attività parlamentare. L’intervento del M5S è significativo per la sua chiara logica antiparlamentare, quella che anima una campagna tesa a bollare tutta la politica, partiti e singoli parlamentari, come una casta di privilegiati, ovviamente tranne loro, con l’obbiettivo nemmeno tanto nascosto di demolire la democrazia rappresentativa. Il nocciolo del loro discorso parte dalla negazione dell’autonomia della politica e delle istituzioni. Per loro non esistono partiti o forze politiche democratiche, c’è il capo-padrone che decide per tutti; e non ha senso garantire l’indipendenza delle istituzioni perché sono tutti corrotti e anche qui sarà il capo e la rete a decidere cosa è buono per i cittadini. Al massimo il Parlamento serve per le sceneggiate propagandistiche, mai per un serio confronto vero, di merito, sui problemi. E oggi questo filone troverà un nuovo spazio nella discussione sulla proposta di legge Richetti sui vitalizi. Il PD ha pensato bene di inseguire il M5S sul suo terreno, quello della demagogia, pensando di neutralizzarne l’effetto strizzando l’occhio all’antipolitica. E infatti Grillo si è precipitato a Roma per raccogliere, lui, i frutti di un passaggio che crea nuovi spazi per la denigrazione del Parlamento. Eppure dei dubbi seri sulla costituzionalità, e anche sull’opportunità, di un intervento che mette in discussione il principio della non retroattività dei provvedimenti in materia previdenziale ci sono, e daranno comunque origine ad un contenzioso enorme e costoso. Purtroppo viviamo una stagione in cui, con il concorso primario dei media, e con l’abbandono di ogni pratica dell’approfondimento e della distinzione, nella opinione pubblica prevale un approccio di sfiducia verso le istituzioni e il termine “parlamentarismo” viene coniato e usato in modo dispregiativo. Si tratta di un tema e di una tematica che meriterebbero una seria riflessione, ovviamente anche critica, e un confronto sulle cose da fare per correggere lo stato attuale sul piano del funzionamento della democrazia rappresentativa e della sua percezione. Ma le condizioni per fare un dibattito serio, oggi, mi paiono molto difficili. Purtroppo.
L’altra questione che è all’ordine del giorno alla Camera è quella dei vaccini. Il decreto legge è in scadenza e il Governo, molto probabilmente, metterà la fiducia. Nel merito non ho approfondito molto. Sento ragioni diverse a sostegno e contro. In quelle contro c’è anche una richiesta di approfondimento che non andrebbe ignorata, soprattutto da parte di tante giovani coppie con bimbi piccoli. Tuttavia, quando di mezzo ci sono valutazioni di organi scientifici, io sono portato a guardare con attenzione e rispetto a tali ragioni e in linea di massima diffido e guardo con cautela alle posizioni gridate, che affermano certezze contro i pronunciamenti degli esperti e degli studiosi. Ovviamente un confronto serio, soprattutto in base a provvedimenti normativi con obblighi di legge, non dovrebbe arrivare a punte di incomprensione e di contrapposizione come quelle che si stanno realizzando nel Paese. Tuttavia ieri, in Piazza Montecitorio, dove si teneva una manifestazione degli anti-vaccini, ho ascoltato slogan che poco hanno a che fare con il merito del problema e, semmai, con le richieste di modifica e di correzione del provvedimento. Gridare “assassini” verso la Camera, dove era riunita la commissione che valuta e discute il decreto, non era proprio un segnale di ricerca di un dialogo. Passando nei pressi ho sentito le domande un po’ sbigottite di alcuni turisti francesi che evidentemente si chiedevano il perché di certe parole, toni, esasperazioni e grida contro il Parlamento. Anche questo è un “segno dei tempi”. E non è un bel segno …