Purtroppo i risultati del voto europeo non hanno posto per niente un freno alla crescita della destra, come avevo auspicato nell’ultimo post. Anzi, l’avanzata della Lega di Salvini si è fatta ancora più preoccupante rispetto ad un anno fa e oggi è il primo partito italiano, con un indubbio ruolo di egemonia e di guida su tutto il centrodestra. I flussi elettorali indicano chiaramente che i milioni di voti persi dal M5S, per effetto della delusione, sono andati in grande parte nell’astensione ma, in una quota assai rilevante, anche alla Lega. Tanto che le percentuali ci parlano di un rovesciamento a specchio dei consensi fra i due partiti che governano insieme il Paese. Mentre, sempre ai flussi, si può rilevare che è del tutto incontinente il ritorno di elettori del M5S, provenienti da sinistra, verso il PD. Si tratta certamente di un aspetto su cui riflettere in un contesto in cui il PD recupera quasi cinque punti percentuali rispetto alle politiche di un anno fa e si afferma come secondo partito superando il M5S. È evidente che il PD ha attinto dal serbatoio degli elettori di sinistra allarmati dalla politica di destra portata avanti da Salvini. Non so se questo possa essere definito una “ripartenza” per la sinistra, secondo la speranza di molti. Tuttavia è indubbiamente un segnale positivo, accompagnato dai risultati più lusinghieri di molte elezioni comunali, dove il centrosinistra ha vinto, anche in difformità con il voto europeo. Però qualche elemento di analisi critica va preso in seria considerazione: sia, come citato, sul problema del perché quasi nessuno dei voti persi verso i cinquestelle torna indietro; e sia sulla composizione sociale del voto che emerge dall’analisi dei flussi elettorali. In proposito allego una elaborazione di SWG molto interessante. Il problema centrale mi sembra quello che le categorie o i settori sociali che dovrebbero rappresentare il principale riferimento della sinistra (operai, ceti produttivi, poveri, giovani precari), in ragione della difesa e dell’affermazione dei loro interessi, guardano da un’altra parte e percepiscono il cosiddetto cambiamento di Salvini come la risposta ai propri problemi.
Ecco, credo che se il dibattito riesce a partire da qui, e non da tante chiacchiere politiciste, si può ragionare seriamente su come ricostruire il campo della sinistra e pensare ad una alternativa praticabile. Altrimenti è difficile immaginare che con le posizioni sostanzialmente conservatrici sul piano economico e sociale, come quelle sostenute da Calenda, si possa andare molto lontano. Ciò vale, per altri versi, anche per la cultura delle compatibilità troppo a lungo sostenuta anche dalla sinistra riformista bersaniana. E mi ci metto anch’io. La questione di fondo, mi pare, sia quella di riuscire a trovare le proposte e il linguaggio per mettere davvero al centro dell’attenzione popolare il tema della giustizia sociale e della lotta alle diseguaglianze. E per questo, forse, ci vuole qualcosa di nuovo.