Mentre sul gravissimo fatto del tentativo di strage attuato con il sequestro del pullman carico di ragazzini a Milano si continua a discutere, purtroppo anche con uscite che sanno più di ipocrisia che non di preoccupazione, mi sembra che ci sia una seria mancanza di analisi sul significato di vicende drammatiche come quella. È evidente che la spirale di odio, alimentata ogni giorno dalla Lega e dal suo capo, si sta allargando e comincia ad agire su più fronti. L’insistenza su posizioni e iniziative anti immigrati, condite di razzismo e di discriminazione, sta producendo una reazione che finora in Italia non avevamo mai visto. Il nostro Paese è stato risparmiato dagli attentati terroristici di matrice islamica perché ha fatto argine verso il fanatismo fondamentalista. Il sentimento dell’odio è stato limitato, controllato e combattuto. Oggi, invece, sono state totalmente rimosse quelle cautele e gli imprenditori dell’odio, mossi da calcoli politici elettoralistici, si sono messi massicciamente al lavoro, nel mondo e anche in Italia. Come si fa non vedere nelle strage avvenuta nelle moschee in Nuova Zelanda qualcosa che cresce anche da noi, con tutto il portato connesso alla proliferazione delle armi (ognuno si difenda da se!) e agli istinti forcaioli che vengono sollecitati. Ecco, e spero di sbagliarmi, il futuro che si sta preparando, per logica di risentimento e di reazione, può riservare sorprese come le stragi avvenute a Parigi, a Nizza o in Germania.
Se questa preoccupazione ha del fondamento il confronto politico e istituzionale dovrebbe prendere ben altra strada da quella che stiamo vedendo, cercando soprattutto di individuare i punti per una efficace politica della sicurezza, che non è quella di fare la guerra ai disperati che scappano dai conflitti, dalle violenze o dalla miseria. Invece assistiamo ad una polemichetta fra Di Maio e Salvini fatta di punture di spillo, in funzione della presunta concorrenza all’interno della maggioranza di governo. Ma ormai per quanto riguarda l’esito della situazione politica attuale le cose vanno in una precisa direzione, mi pare. Il M5S sta perdendo credibilità e consensi, mentre la Lega sta capitalizzando una sostenuta crescita elettorale intercettando anche una parte dei delusi Cinquestelle. E solo una piccola parte del malessere degli elettori del M5S torna a sinistra. I più finiscono nell’astensione. Questi sembra lo scenario che si sta preparando per le elezioni europee. A questo punto il PD di Zingaretti si propone l’obbiettivo di recuperare voti e di superare il M5S, in evidente calo, per rilanciare il tema del confronto bipolare fra il centrosinistra e un centrodestra sempre più leghista e a destra. Indubbiamente se salta “l’equivoco cinquestelle” è un bene per il Paese, e prima avviene meglio è. Ma il problema di fondo che hanno di fronte le forze di sinistra e progressiste non è tanto quello di superare elettoralmente il M5S e di recuperare spazio nel sistema politico italiano, quanto quello di riuscire a riconquistare la fiducia dei ceti popolari e dei lavoratori che dal 4 marzo in poi si sono spostati sulle posizioni dei populisti. Alla base di questo distacco dalla sinistra c’è il malessere sociale prodotto dalla crisi e le politiche portate avanti dai governi del centrosinistra, che non hanno saputo dare risposte e rappresentare gli interessi dei più deboli. Ed è su questo che è necessario ragionare, non sulle liste più o meno aperte o sul “fuoco amico”.
Una occasione per fare questa riflessione è data anche dalla presentazione del libro di David Allegranti “Come si diventa leghisti”, giovedì 28 marzo alle ore 18 presso la Gipsoteca di Piazza S.Paolo all’Orto. Il libro tratta della conquista del Comune di Pisa da parte del centrodestra a trazione leghista, nelle elezioni ultime comunali, attraverso un’ampia inchiesta giornalistica. Una discussione che finora a Pisa è mancata