La novità dei risultati elettorali delle elezioni regionali in Umbria è quella di aver confermato le dinamiche elettorali delle elezioni comunali e europee di pochi mesi fa. Non certo quella della vittoria della destra in Umbria che era già nei fatti e nei numeri quando il centrodestra ha conquistato i comuni di Perugia, Terni, Orvieto, Foligno, e pure nei risultati delle europee. Peraltro, rispetto alle europee, l’unica forza che ha guadagnato voti in termini assoluti è Fratelli d’Italia mentre tutt’e le altre, Lega compresa, ne hanno presi meno. Il vero tracollo è stato quello del M5S che ha dimezzato i voti. Comunque nel caso umbro l’errore del PD e dell’alleanza con il M5S è stato quello di accettare la politicizzazione nazionale delle elezioni regionali. Tuttavia la tendenza elettorale di fondo del dopo 4 marzo 2018, quella che l’Istituto Cattaneo e altre fonti specializzate nell’analisi dei flussi elettorali indicano come confermata nelle urne di domenica scorsa, è quelle che vede una forte avanzata della destra, un crollo del M5S e una tenuta ma senza capacità espansiva del PD e della sinistra. È ciò che percepiamo tutt’ora negli umori della società, soprattutto negli strati popolari e in coloro che vivono con disagio e rabbia la crisi. Questo è il vento che tira, e se non si innesca un processo di cambiamento anche nelle elezioni regionali in Emilia Romagna e poi in Toscana la possibilità che vinca la destra è molto concreta. Stamani, sul Corriere della Sera, il segretario del PD Nicola Zingaretti apre ad una riflessione critica e parla della necessità di un di un partito “che va rifondato”, di una svolta per rendere il PD un soggetti aperto e plurale. Bene, ma allora il ragionamento va ampliato e rivolto a tutto il campo delle sensibilità progressiste e di sinistra. Altrimenti il rischio è che si resti, nonostante i propositi, in un recinto ristretto e condizionato da correnti, fazioni e conflitti interni.
Basta guardare a quanto avviene in Toscana: Luca Lotti che detta la linea al PD, per un percorso del tutto autoreferenziale sulla scelta del candidato alla Presidenza della Regione, senza mai accennare all’esigenza di mettere insieme una coalizione in grado di competere con il centrodestra. La Bonafè che avalla dando vita ad una consultazione interna selezionata in funzione degli amministratori pubblici, e Giani che si autoproclama candidato in pectore sulla base di quella consultazione. Ma siamo, siete, matti? E poi Giani rappresenterebbe la domanda di cambiamento che bisogna intercettare? Viene da buttarsi in terra dalle risate. Se si va così la Toscana è persa, bisogna dirlo con chiarezza al PD. È ciò che è stato detto anche dall’assemblea di sabato scorso a Rifredi promossa da “2020 a sinistra” con l’obbiettivo di dare vita ad una lista unitaria, di sinistra, ecologista e progressista, nell’ambito, se possibile, di una coalizione larga alternativa alla destra. Per questo è stato definito un percorso di coinvolgimento dal basso capace di aggregare tante persone, insieme a soggetti politici e associazioni interessati, nel mese di novembre con assemblee in tutte le province toscane, sulla base del quale verrà nominato un coordinamento legittimato a negoziare alleanza e programma con l’idea di cercare poi, insieme, il candidato alla presidenza. Dunque si tratta di verificare se ci sono le condizioni per una lista e per una coalizione che si proponga di rilanciare un progetto di Governo democratico e innovativo per la nostra regione. Mi auguro che qualcosa di positivo possa maturare nei prossimi giorni.
Intanto a Pisa un interessante momento di confronto sulla attuale e delicata fase che attraversa la democrazia italiana è previsto per il giovedì 7 novembre allo Spazio Alex Langer. Al centro c’è il discorso sul taglio dei parlamentari e sugli effetti sulla rappresentanza, ma in una certa misura anche la tenuta del nostro impianto Costituzionale. L’incontro è aperto a tutti.