In attesa delle nuove tornate elettorali italiane e francesi, questo fine settimana possiamo commentarlo positivamente. In primo luogo per il risultato delle elezioni in Gran Bretagna, da cui emerge la resurrezione dei laburisti guidati da Jeremy Corbyn. Bisogna ricordare che contro questo non giovane esponente della sinistra inglese, bollato come “fuori dal tempo” per le sue posizioni radicalmente critiche verso il neoliberismo temperato portato avanti da Tony Blair, e con propositi considerati “vetusti” come quello di ridare un ruolo allo Stato nell’economia, attento ai temi dell’ambientalismo, in molti, anche in Italia, avevano prefigurato una sconfitta senza appello, un esito ultraminoritario. Così non è andata, nonostante l’ostilità evidente dei grandi poteri e del sistema mediatico inglese. Anche sul piano dell’immagine, oggi tanto di moda, questo risultato contraddice molte convinzioni sull’esigenza primaria di puntare su facce nuove e giovani. Vedi, recentemente, Macron. Invece quello che torna al centro è il valore dei contenuti e, in tempo di crisi, la radicalità delle proposte. Quel voto ha smentito decisamente chi dice che non ci sono più destra e sinistra (in realtà lo fa per dire che non c’è alternativa possibile all’attuale assetto capitalistico) e ha detto che una sinistra che si presenta con valori e obbiettivi chiari può intercettare un grande campo di consensi. In particolare tra i giovani. Altrimenti come spiegare le simpatie e le adesioni raccolte nelle nuove generazioni da Corbyn così come da Sanders negli Stati Uniti? Al contrario, senza una sinistra che faccia il proprio mestiere, vediamo che il voto dei ceti popolari e dei giovani finisce per riversarsi sui “populisti” di turno. Ecco, questa è la riflessione da fare, e l’idea che la sinistra per vincere si debba travestire da centro e puntare sull’immagine e la personalizzazione è profondamente sbagliata e perdente. Dispiace che molti ex-militanti della sinistra riformista italiana che hanno creduto, come me, dieci anni fa, che il progetto del PD fosse il modo per rinnovare e rilanciare i valori della sinistra, oggi non si rendano conto di come quell’idea sia stata stravolta. Forse risultati come quello di Corbyn possono servire a riaprire un minimo di ragionamento. Speriamo.
Intanto, per ciò che riguarda la situazione politica italiana, dopo il fallimento dell’accordone sulla legge elettorale, che si rinfacciano specularmente PD e M5S, è interessante notare come sia Renzi che Grillo affermino ora, entrambi, che si deve andare a votare con le leggi che ci sono. Ovvero con il “consultellum” per la Camera e il “porcellum” per il Senato. Mi pare che questo disveli cosa in realtà pensavano e pensano i capi dei due principali partiti: cercare di andare a votare il prima possibile con le norme che consentono a loro di scegliere e nominare chi sono i componenti del prossimo Parlamento. Questa è la cosa che li unisce e che piace tanto anche a Berlusconi. Per cui resta l’impressione che tutta la discussione attorno alla vicenda della nuova legge elettorale sia stata una sceneggiata, con il solo obbiettivo di “coprire” le convenienze dei leader delle principali forze politiche di fronte alla giusta richiesta del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, di modificare e armonizzare il sistema elettorale nello spirito delle indicazioni uscite dalle sentenze della Corte Costituzionale.
Sui giornali di stamani si legge anche di un Renzi che “corregge” la linea, ovviamente sostenendo che lui ha fatto tutto bene, come nel caso del referendum. Ma credo che bastino le prime righe dell’articolo di Folli su Repubblica per capire dove stiamo. Scrive Folli: “Nel giro di poche ore, la rotta politica di Matteo Renzi è cambiata in modo radicale. Al punto che ancora una volta non è chiaro dove finisce la tattica e comincia la strategia. O viceversa”. Dunque, non si capisce proprio che cosa sia cambiato.