Mentre sui media italiani domina la rappresentazione della situazione politica del Paese come una specie di “soap opera”, che mescola indagini, problemi da chiarire, dietrologie, scoop veri o falsi, familismi e comportamenti improntati alla furbizia, non a caso alimentati dagli stessi protagonisti delle vicende più o meno politico-giudiziarie, la realtà dei fatti ci parla di un Paese in grave e profondo affanno. Lo fa l’Istat, con dati e numeri che descrivono un Paese che invecchia e che vede crescere in modo allarmante le diseguaglianze. L’identikit degli italiani che viene fuori dal rapporto annuale proietta ombre preoccupanti sul nostro futuro. Basterebbe questa considerazione a richiamare tutti, le forze politiche innanzitutto, all’esigenza di una seria riflessione sulle scelte politiche necessarie per fronteggiare un tale rischio di declino. Ma così non è, come dimostra la discussione confusa e altalenante sulla legge elettorale. Una discussione che sembra più improntata al tentativo di scaricare su altri la responsabilità di un eventuale fallimento dell’obbiettivo auspicato e richiesto dal Presidente Mattarella, che non orientata alla ricerca di un accordo largo e credibile sulla legge in Parlamento. Nelle ultime ore, dopo che è naufragato il tentativo del Presidente della prima commissione di far partire il confronto su un testo assai discutibile come l’Italicum rivisto, si parla di una proposta del PD elaborata d’intesa con la Lega e con Verdini. Forse sarà depositata oggi e vedremo gli sviluppi.
Intanto ieri sul Corriere è uscito un pezzo di Ernesto Galli della Loggia molto interessante, che sottolinea nuovamente l’importanza e l’attualità del convegno sui partiti che abbiamo fatto lunedì a Palazzo Blu. Il titolo recita “La politica senza partiti e la ricchezza privata”. Merita di essere letto con molta attenzione. Racconta di come si è affermata la candidatura di Macron e dice come in Francia e non solo, e anche da noi, si va verso una politica costruita sui soldi. Una politica che sarà sempre di più personalizzata e a misura dei ricchi. Questo è il possibile prodotto dei populismi di destra e di sinistra che si manifestano in tutta Europa. Ecco perché diventa centrale discutere di queste cose: in ballo, infatti, c’è il futuro della democrazia e delle stesse basi della convivenza civile e democratica, perlomeno nel senso e nel modo in cui è prevista nella nostra Carta costituzionale.
Per quanto riguarda Articolo UNO penso che sia necessario proseguire nell’iniziativa che lo mette in relazione innanzitutto al processo di ricostruzione di un centrosinistra di cambiamento. Questa è la ragione di definirsi un Movimento Democratico e Progressista. Sbagliano coloro che in vario modo cercano di bollare la nostra scelta come la voglia di fare un partitino, o un partito, di scissionisti. Oggi una parte grandissima di elettori del centrosinistra, delusi o in attesa, sta fuori dal PD. Anche Romano Prodi ha dichiarato stamani: “Simpatizzo per le idee su cui si è fondato il PD. Ma sono senza casa: vivo in una tenda vicina al PD”. Lo stesso Enrico Letta ha detto che non è più iscritto al PD da almeno due anni. E comunque sono qualche milione gli elettori potenziali del centrosinistra che si sono messi da parte o hanno fatto altre scelte negli ultimi anni. Dunque, nella sostanza, la nostra proposta è tutt’altro che minoritaria e si propone di riattivare un serio processo di ricomposizione innovativa di un campo di centrosinistra. Mi pare che anche dai servizi trasmessi ieri sera da “Cartabianca” e registrati a Pisa esca con chiarezza questo auspicio.
Però le giornate, ogni tanto, portano qualche buona sorpresa, come l’approvazione alla Camera, con voto unanime, della legge sulla “prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo” e, al Senato, finalmente, della legge contro la tortura.