Anch’io, come tanti, ho assistito con stupore e preoccupazione al dibattito politico e mediatico sulla tragedia di Genova. Tragedia, non disgrazia. In larga parte annunciata, come si legge adesso alla luce delle varie relazioni sulla stabilità del ponte Morandi e degli interventi programmati. Sono evidenti le colpe della concessionaria Autostrade, così come sono evidenti anche quelle dello Stato, nel ruolo e nella funzione del Ministero dei Trasporti. Mancata o debole manutenzione e mancati e deboli controlli. Debole anche la politica, nei Governi che negli anni si sono succeduti, che ha affrontato con leggerezza e superficialità la questione delle privatizzazioni, accettando l’assunto che il privato è sempre meglio del pubblico, più sicuro e efficiente. Ora, di fronte a quella tragedia, è inevitabile una riflessione. Non tanto sulle responsabilità penali che saranno accertate dalla magistratura speriamo in tempi rapidi. E in proposito, la caccia al capro espiatorio aperta con finalità politiche strumentali da Di Maio e Salvini costituisce una forzatura assai pericolosa nel rapporto fra l’opinione pubblica e le istituzioni nelle loro diverse funzioni.
Tuttavia la questione delle privatizzazioni e anche delle concessioni in materia di servizi e di beni pubblici va affrontata subito, senza facilonerie, semplificazioni o furbizie politiche. Un ripensamento di fondo è necessario, non tanto sull’alternativa pubblico privato, quanto sul valore e la qualità dei beni pubblici in un’ottica di tutela, di valorizzazione e di sostenibilità nell’interesse generale del Paese e dei cittadini.
Molte sono le esperienze realizzate a livello nazionale e territoriale che meritano una verifica. Anche sul piano locale e regionale. A cavallo tra il Novecento e il Duemila abbiamo lavorato, come centro sinistra, alla realizzazione di un modello misto di gestione di una serie di importanti servizi pubblici, aprendo la partecipazione azionaria delle società pubbliche ai privati, ma mantenendo la maggioranza pubblica con funzioni di indirizzo e di controllo. Perseguendo, attraverso importanti investimenti, un disegno di espansione e di consolidamento dei servizi pubblici. Il Comune di Pisa è stato all’epoca il motore trainante di questo processo, salvaguardando allo stesso tempo sia i servizi che le finanze pubbliche, nei settori del gas, dell’acqua, dei rifiuti e dei trasporti, compreso lo sviluppo dell’aeroporto Galilei. Ma quel modello non ha trovato molto spazio su scala nazionale e anche i Governi dell’Ulivo hanno sostanzialmente, tranne alcune rare situazioni, sposato la linea delle privatizzazioni. Purtroppo, in questi ultimi anni, anche sul piano locale si è presa la strada dello smantellamento di quel modello misto, consentendo la privatizzazione del sistema aeroportuale toscano e di una realtà importante e solida come Toscana Energia. Speriamo che il dibattito dopo la tragedia di Genova serva a riaprire una discussione reale e concreta anche da noi, innanzitutto con l’obbiettivo di difendere e riqualificare i beni comuni nella difficile fase, economica e sociale, che stiamo attraversando.
L’altro tema che voglio schematicamente commentare è quello della linea sostenuta da Salvini e dalla Lega sulle questioni dell’immigrazione e della povertà. Vale sia per i casi dei salvataggi in mare e degli sbarchi, come nella grave vicenda della Diciotti, e sia per l’atteggiamento pregiudizialmente ostile verso i rom. Grave è l’intervento del deputato Ziello che si è scagliato contro i preti pisani e la Caritas colpevoli di aiutare i rom o gli immigrati al grido di “prima gli italiani”. Nella sostanza la linea della Lega non è quella di combattere la povertà, come si dovrebbe fare, ma quella di combattere i poveri. E lo fa seminando a piene mani nel Paese un sentimento di intolleranza razzista che alimenta la xenofobia. Questo è quanto di più dannoso di possa fare, perché fa maturare un clima nocivo di divisione e di contrapposizioni, e soprattutto profondamente regressivo sul piano della cultura diffusa. Anche qui speriamo che si manifesti una adeguata reazione da parte di coloro che di sentono democratici e progressisti.
Infine una battuta su Pisa. Ieri sera ho seguito l’iniziativa organizzata nell’ambito di Marina Slow sul restauro degli affreschi del Camposanto Monumentale e del “Trionfo della morte” in particolare. Molto interessanti gli interventi di Fabrizio Franceschini e Antonino Caleca. L’occasione mi ha riportato alla mente una domanda che già avevo posto in uno degli incontri di Pensieri e Persone Per Pisa. Che è più o meno questa: perché la nostra città di fronte ad un fatto culturalmente unico e straordinario come il restauro degli affreschi non riesce a pensare di farne un evento mondiale, come di fece in occasione della riapertura della Torre? Il valore e il contenuto vi sono tutti. Possibile che la Primaziale e le istituzioni pisane, ma anche il Ministero dei Beni Culturali, non si pongano il problema di promuovere una iniziativa in grado di creare e attrarre un adeguato interesse internazionale?
Chiudo con il programma di Marina Slow che merita almeno una visita. Come minimo.