L’incontro di ieri sulla presentazione dei due libri sul tema della paura ha offerto spunti e idee per ragionare approfonditamente sul tempo che viviamo. Che non è un bel tempo. È evidente la necessità di una battaglia culturale e sociale, insieme o prima ancora di quella politica, per salvaguardare uno sbocco democratico al “salto d’epoca” che stiamo attraversando. E questa va fatta in contemporanea con il moltiplicarsi in Italia di episodi allarmanti di intolleranza e di discriminazione razzista, mossi da un sentimento di rancore e di odio profondamente dannoso e pericoloso per il Paese. Perché senza un recupero di fiducia, di coesione e di convivenza, l’Italia sarà più isolata e più debole nella competizione internazionale imposta dalla globalizzazione, oltre che minata sul piano della tenuta democratica. In questo contesto il decreto Salvini, diventato legge, rischia di essere nefasto. È quindi giusta e necessaria la mobilitazione contro questo provvedimento, e in tal senso è importante l’iniziativa di lunedì prossimo alla Leopolda con il professor Emanuele Rossi e Rossella Muroni, deputata di Liberi e Uguali, alla quale invito tutti a partecipare.
Ovviamente il confronto avviene in uno scenario politico condizionato al massimo dalla scadenza elettorale europea ormai vicina e con una maggioranza di Governo gialloverde che tende da un lato a presentarsi come competitiva al suo interno su temi più cari a ciascuno dei due soggetti, Lega e M5S, e dall’altro fortemente impegnata a cementare l’accordo di potere e la spartizione dei posti. Con una logica dello scambio che porterà, dopo il voto di salvataggio di Salvini sulla richiesta a di autorizzazione a procedere, al rinvio delle questioni più spinose, come la TAV e l’autonomie regionali, a dopo la scadenza elettorale. Così pare sia, a stare alle dichiarazioni di stamani, l’esito del baratto concordato fra Salvini e Di Maio. E indubbiamente questo quadro andrà ulteriormente a vantaggio di Salvini; perché lui può permettersi di scaricare le colpe dei rinvii sui cinquestelle, in nome della tutela della stabilità, mentre Di Maio deve giustificare non solo i ritardi del “cambiamento” ma anche il tradimento o l’abbandono nei confronti di fattori che caratterizzavano la “diversità” del M5S. Del resto il Movimento grillino si sta sempre più delineando come un soggetto politico guidato da una ristretta oligarchia, che opera senza un reale trasparente metodo democratico. E di questo discuteremo in un prossimo incontro con il politologo Massimiliano Panarari e il giurista costituzionalista Rolando Tarchi.