Riprende alla Camera il confronto sulla proposta di legge per il testamento biologico (DAT), ma è improbabile che si arrivi presto ad una approvazione. Intanto se ne può discutere solo oggi e domani perché per giovedì è programmato il voto sul decreto urgente che abolisce i voucher e consente di evitare i referendum promossi dalla Cgil. Avevamo scritto che “la paura fa novanta” e così è stato. Però è un bel risultato per la Cgil, insieme al fatto che adesso, dopo aver teorizzato che con i sindacati non si concerta, molti esponenti del Governo e della maggioranza sostengono che bisogna confrontarsi con le organizzazioni dei lavoratori, Cgil compresa. Bene. Spero che questo sia il primo passo per rimettere al centro il tema del lavoro, inteso come azione prioritaria per creare nuova occupazione strutturale e non fittizia come quella del “Jobs Act”, e come recupero di norme finalizzate a ridare dignità al lavoro.
Tutti i dati che riguardano l’occupazione confermano una situazione di grande difficoltà, ma nonostante ciò il Governo cerca di utilizzare e manipolare, sul piano dell’informazione, ogni notizia che possa segnalare qualche novità. È il caso del comunicato dell’Istat di ieri, in cui si dice che la disoccupazione giovanile è in calo ma si omette di dire che aumentano gli inattivi e la quota di coloro che non cercano un lavoro. Eppure c’è chi ha commentato con una certa enfasi questo dato, sostenendo che è un merito del Jobs Act.
Ma dov’è il fatto positivo? Semmai il dato che aumentano quelli che rinunciano a cercare il lavoro, nell’ambito di un’area giovanile che ha un tasso di disoccupazione vicino al quaranta per cento, tra i più alti in Europa, deve far pensare. Significa che cresce la sfiducia, la disillusione o la disperazione. Basta leggere le cifre di altre comunicazioni degli ultimi giorni. Un’indagine congiunta di Istat, Inps e Ministero del lavoro resa pubblica la scorsa settimana ci ha detto che nel terzo quadrimestre del 2016 si è registrato un calo tendenziale degli occupati fra i 15 e i 34 anni e che le assunzioni sono state per il 64,4% a tempo determinato e solo il 21,8% quelle a tempo indeterminato. Si comincia a vedere l’effetto sgonfiamento delle assunzioni incentivate con gli sgravi del Jobs act. In più il premier Gentiloni ha informato la stampa che nel periodo dal gennaio 2014 al gennaio 2017 gli occupati in aumento sono stati 700milae di questi 480mila a tempo indeterminato. Non mi sembra un grande risultato se rapportato a quanto abbiamo speso per le incentivazioni alle assunzioni: si parla, infatti, di una cifra che fra i 18 e i 20 miliardi di euro. Praticamente una finanziaria, spesa per un provvedimento che ora ha perso attrattività e si sta sgonfiando. Inoltre, sempre l’Istat, tre giorni fa, ci ha detto che nel 2016 i licenziamenti registrati hanno raggiunto la cifra di 900mila casi (+57% sul 2015). E anche questo probabilmente ha una qualche relazione, oltre che con la crisi, anche con l’abolizione dell’articolo 18. Ecco, tutto questo dimostra come sia stata errata e scellerata la scelta di puntare sulla deregolamentazione totale del mercato del lavoro e sull’indebolimento del diritto del lavoro come terapia per il rilancio del sistema economico e produttivo del Paese. Per questo è importante ripartire dall’Articolo 1 della Costituzione, che vuol dire cambiare radicalmente il segno delle politiche economiche e sociali, in Italia e in Europa.