La settimana scorsa ha dato un messaggio chiaro e preoccupante sul futuro del Paese se si afferma e si consolida ulteriormente la guida di Salvini, sempre più spostata verso la destra più radicale. Il convegno di Verona sulla famiglia, che vorrebbe riportare indietro l’orologio dei diritti civili e della persona, e più ancora la legge sulla legittima difesa, che incita al farsi giustizia da soli, subito accompagnata da una proposta volta a incrementare la vendita delle armi. Evidente e scoperta è la relazione fra la Lega e la lobby delle armi. Si vuole andare verso il modello americano, nel quale la proliferazione di pistole, fucili e mitragliatori, ha alimentato una cultura dell’azione vendicativa senza limiti. Le stragi nelle scuole ne sono una prova drammatica, che ha portato alla nascita di un movimento di giovani, ragazzi e ragazze, che chiedono norme restrittive sulla vendita delle armi. E c’è l’esempio di pochi giorni fa, in Nuova Zelanda, di come “un turbamento emotivo” può sfociare in una strage a sfondo razzista e xenofobo. Anche lì, adesso, si pensa a proibire la vendita senza controllo e la diffusione delle armi. Eppure in Italia, su questi temi, si registra una notevole sottovalutazione e una propensione all’ipocrisia. Non solo in questo campo in verità, ma è vero che la base di una certa “propensione forcaiola” è largamente presente in Italia. Basta ricordare la vicenda del referendum per l’abolizione dell’ergastolo. Non possiamo certamente definirci, nell’insieme, come il Paese di Cesare Beccaria. Meno male che almeno sul convegno di Verona c’è stata una risposta di mobilitazione, soprattutto delle donne, molto forte e significativa, a cui lo stesso Salvini ha cercato di rispondere usando le corde del vittimismo. Ma lui fa così: parte duro, le spara decisioniste, e poi se i sondaggi gli dicono che l’opinione maggioritaria è diversa, come nel caso della legge sull’aborto, o sulla cittadinanza ai ragazzi del bus di Crema, Rami e Adam, fa rapidamente marcia indietro. Addirittura negli ultimi tempi, sul piano della comunicazione, assomiglia molto a Renzi: ogni giorno, ogni momento, sui media, con battute su tutto lo scibile umano e trattando da gufi coloro che avanzano dubbi o critiche sull’operato del Governo. Speriamo che anche nel suo caso funzioni quel processo di usura e di consumo determinato da un uso troppo intenso del sistema mediatico.
È uno “speriamo” dettato anche dal fatto che per ora si stenta a vedere nel Paese la crescita di una proposta alternativa incisiva, in grado cioè di parlare a quei ceti popolari che hanno dato credito al populismo in nome di una domanda di cambiamento. Certo si registra una larga delusione nell’elettorato del M5S, che però solo in parte si orienta a sinistra e in maggioranza guarda a Salvini. Il PD di Zingaretti può puntare ad una inversione di tendenza e a mettere ancora più in difficoltà i cinquestelle e dare più visibilità all’idea di fare argine contro la destra. Ma la domanda fondamentale è se il suo messaggio e la credibilità del PD sono in grado di parlare proprio a quei settori popolari che lo hanno abbandonato, ritenendo il PD partito del sistema e dei benestanti. Questo ragionamento vale anche per la sinistra, nelle sue diverse variazioni presenti al momento, come dicono chiaramente i risultati delle consultazioni elettorali dell’ultimo anno. Un tentativo poteva essere quello di trasformare la lista di “Liberi e Uguali” in partito, lavorando ad un profilo politico e culturale nuovo, riformista e radicale come quello proposto da Corbin in Inghilterra o Sanders in Usa, alla cui base mettere la lotta alle diseguaglianze e per il lavoro, attraverso una diversa distribuzione della ricchezza facendo leva sulla questione fiscale. Ma purtroppo, per calcoli di scarso respiro, tutti e tre i soggetti protagonisti del LeU (ArticoloUno-Mdp, Sinistra Italiana e Possibile) hanno mandato in fumo quella possibilità, lasciando sul campo solo tentazioni minoritarie. Io continuo a pensare che per recuperare credibilità e consensi tra gli operai, i lavoratori precari, i più deboli senza futuro e, soprattutto i giovani, ci vuole una nuova proposta di sinistra. Altrimenti sarà difficile, nei tempi medi, strapparli al populismo, perché la crisi accentuerà la rabbia e il rancore sociale. Tuttavia non manifesto pregiudizi verso nessuno che intenda agire per contrastare la deriva di destra che si va profilando e consolidando. Sono tanti quelli che si stanno orientando al “fare quadrato sul male minore” in nome dell’unità necessaria. Anche tra coloro che nell’ultimo periodo hanno preso le distanze dal PD. E’ un ragionamento che ci sta e ha una sua motivazione. Io non ho questa convinzione ma ne rispetto il senso, in un quadro, del resto, segnato da confusione e incertezza. Quello che mi sembra incomprensibile nel PD è la posizione di chi, come i renziani e lo stesso Calenda, si ostina a dichiarare la propria piccata avversione verso i “fuoriusciti dal PD”, gli “scissionisti”, che manifestano un interesse verso la nuova fase aperta da Zingaretti. Forse la spiegazione sta nel fatto che comunque coloro che sono usciti dal PD, sulla base di una critica alla politica di Renzi e alla sua stessa conduzione del partito, rappresentano una vena scoperta, una sorta di “coscienza sporca” per non aver voluto prendere in considerazione nessuna della ragioni critiche che annunciavano il rischio della debacle che poi si è realizzata. Che è frutto delle politiche sbagliate prima ancora di ogni discussione sulle divisioni.
Tuttavia guardiamo avanti e il primo impegno sul nostro territorio è quello di sostenere nei Comuni che votano a giugno le coalizioni di sinistra e di centrosinistra. Per questo sabato pomeriggio sono andato alla presentazione della candidatura a Sindaco di Massimiliano Ghimenti e alla apertura del comitato elettorale al Comune di Calci. La riconferma di Massimiliano rappresenta una certezza per la tutela degli interessi dei cittadini di Calci e del loro territorio. È importante che tutte le forse della sinistra e del centrosinistra si siano ritrovate pienamente nella sua proposta, convinti che il senso e il valore del suo lavoro da Sindaco vadano ben oltre la rappresentanza di un campo politico.