Il Governo ha varato la manovra economica di bilancio e non mancano critiche e perplessità. Scontate quelle dell’opposizione che, paradossalmente, critica anche il mantenimento di misure che Salvini e la Lega avevano voluto. Mentre nella maggioranza si manifestano distinzioni e prese di distanza su alcuni punti al solo fine di marcare una propria visibilità politica. Invece le forze più responsabili si sono attivate per dire che con questa manovra si è imboccata una strada nuova, sottolineando le misure prese nella direzione di una più serrata lotta all’evasione fiscale e sull’avvio di una politica di redistribuzione dei redditi attraverso la riduzione del cuneo fiscale sulle busta paga dei lavoratori dipendenti. Ciò è vero ma è solo un segnale, perché le risorse sono poche e siamo ancora lontani da una politica di effettiva progressività. Anche sugli investimenti in materia ambientale le risorse destinate sono molto al di sotto delle esigenze. Ovvero, con questa manovra si manifestano dei propositi positivi ma non siamo certo di fronte ad una svolta.
Tuttavia, realisticamente, bisogna prendere atto che le condizioni per un rapido e significativo cambio di marcia non ci sono. Almeno per adesso. Questo Governo nasce sull’emergenza finanziaria, che è anche la motivazione principale dell’errore di Salvini, il quale voleva le elezioni anticipate proprio per non fare la manovra, e sulla determinazione a non andare ad un voto anticipato che avrebbe aperto la strada alla destra nazional-populista. Inoltre, con la formazione del partito di Renzi e con il “complesso per Conte” che assilla Di Maio, si sono accentuate sensibilmente le conflittualità personali nella maggioranza che sostiene il Governo. In questo quadro non c’era da aspettarsi molto di più. La speranza è che dopo i primi segnali si lavori coerentemente per predisporre le condizioni di una svolta per il prossimo anno. Cioè per la finanziaria del 2021. Pur sapendo che da qui ad allora ci sono di mezzo una serie di pericolosi scogli come le elezioni regionali a tappe: prima l’Umbria, poi l’Emilia Romagna e dopo la Toscana e le altre. Ma intanto sarebbe auspicabile che sulla nuova aggressione militare promossa dalla Turchia di Erdogan il Governo uscisse dalle timidezze bloccando ogni fornitura di armi e chiedendo provvedimenti adeguati in protezione dei curdi all’Europa e alla comunità internazionale.
Ma torniamo alle elezioni regionali. Per quanto ci riguarda in Toscana si voterà la prossima primavera. Dal voto nelle recenti europee, e anche nelle amministrative degli ultimi anni, è emersa una tendenza di crescita della destra leghista anche nella nostra regione. E per questo sono cresciute molte e motivate preoccupazioni. Cinque anni fa il PD stravinse le elezioni. Oggi il panorama politico è profondamente mutato. L’errore più grande da parte del PD, principale partito del centrosinistra, sarebbe quello di pensare alla scadenza elettorale in termini di autosufficienza e di mediazione interna. E questo rischio allo stato attuale c’è tutto. Si parla solo di candidati alla Presidenza in termini ristretti e senza ragionamenti di tipo programmatico. Mentre il problema principale dovrebbe essere quello di mettere insieme una coalizione credibile, larga e innovativa, in grado di rappresentare un’offerta politica aggregante per le sensibilità democratiche, di sinistra, ambientaliste e progressiste. E proprio per sollevare questa esigenza ha preso corpo l’idea di provare a costruire una lista regionale unitaria e aperta partendo dal basso, dalle adesioni individuali prima ancora che di sigle, attraverso l’appello che ha come primo firmatario Simone Siliani. Io ho dato la mia condivisione e messo il mio impegno per per verificare nella realtà pisana la disponibilità verso questo progetto. Con me altre persone, a cominciare da coloro che promuovono l’Assemblea del 21 ottobre, come da comunicato allegato. Pertanto invito tutti quelli che sono interessati o incuriositi a partecipare all’incontro alla Leopolda lunedì prossimo alle ore 21,15.