Capire o commentare la situazione politica italiana in questi giorni risulta assai complicato. Sul piano del Governo domina l’incertezza: da un lato si dice che la manovra economica sarà rivista per cercare una intesa con la Commissione europea e dall’altro si afferma che le scelte fatte nelle scorse settimane non saranno rimesse in discussione. Il tutto sotto il segno di una comunicazione volta alla campagna elettorale permanente. In questo quadro Matteo Salvini, sempre più preso dall’ansia e dalla smania della propaganda, si presenta ogni giorno con una divisa diversa, in sintonia con le cerimonie a cui partecipa. Ieri con la divisa dei Vigili del fuoco, due giorni fa con quella della polizia e prima ancora con quella della protezione civile. Ovviamente sempre con le TV e i fotografi al seguito. E quando non ci sono si fa il selfie. Tutto “chiacchiere e distintivo” come brillantemente intitolava “il manifesto” di ieri. Ciò non vuol dire che sottovalutiamo i danni al senso civico, alla cultura e al senso di umanità che vengono prodotti dalle battute e dai provvedimenti del capo della Lega e ministro dell’Interno, ma un qualche segnale di reazione sarebbe auspicabile. Ieri sera abbiamo ascoltato le valutazioni del professor Tullio Padovani sulla proposta di legge sulla legittima difesa. Una “lezione” argomentata e chiara sugli effetti perversi che verrebbero prodotti dai cambiamenti normativi proposti dalla Lega, ben sintetizzati nello slogan “la difesa è sempre legittima”. In sostanza, lo dico in modo molto semplificato, si passa da una situazione in cui la difesa delle persone è affidata e deve essere garantita dallo Stato ad una situazione in cui i cittadini ci devono pensare da soli. Cioè un pezzo della sovranità del potere pubblico passa nelle mani delle singole persone e della loro responsabilità individuale; e finisce per giustificare le carenze e le inefficienze dell’azione propria dello Stato. Questa, in definitiva, è la ragione di fondo di una misura che puntando, per ragioni elettorali, a far leva sulla crescita delle paure rischia di indebolire e alterare la civiltà giuridica del Paese. Del resto la legislazione attuale e il codice penale riconoscono già la legittimità della difesa nei casi di aggressione, purché sia motivata e proporzionata alle circostanze. In ogni caso occorre un giudice per valutare le circostanze. Se si esclude il giudice si apre la strada all’arbitrio. C’è da augurarsi che nella maggioranza politica che governa il Paese, in particolare nel M5S, si apra una seria riflessione sui danni che rappresenterebbe una simile riforma. E speriamo anche che le forze dell’opposizione in Parlamento riescano a fare una battaglia visibile, senza titubanze e remore come talvolta avviene sui temi che riguardano la sicurezza. Bisogna dire con forza che la sicurezza e la difesa delle persone deve essere garantita pienamente dallo Stato.
L’altra vicenda che rende assai confusa la politica italiana è la situazione della sinistra e del PD. Capirci qualcosa, tra congressi annunciati e nuove frammentazioni, non è facile, ma una sollecitazione utile può venire dal’articolo di Paolo Franchi sul Corriere di oggi, almeno nel titolo, che muove dal richiamo al fatto che “in otto mesi nessuno ha provato a discutere dei possibili motivi della disfatta. E nemmeno il congresso del PD pare avere intenzione di farlo”.
Nel frattempo, per quanto mi riguarda, penso sia comunque un fatto positivo cercare di promuovere occasioni di incontro e di dibattito su diversi problemi che investono la politica nazionale e locale. Per questo, spinto anche dalla discussione sulla tutela dei beni storici e culturali nella nostra città, ho organizzato un incontro con l’urbanista Vezio De Lucia sul significato e sui contenuti della proposta di legge in materia di difesa delle città d’arte avanzata dall’Associazione Ranuccio Bianchi Bandinelli. L’appuntamento è per lunedì 10 dicembre come da invito allegato.