In sintesi, grossolanamente, i risultati delle votazioni di domenica e lunedì hanno detto alcune cose che dico così: nel referendum sul taglio dei parlamentari ha vinto, come ampiamente previsto, il Sì, ma con una significativa consistenza di No. Di Mario ha dichiarato che questa era la battaglia della vita e ora il mondo andrà meglio. Come dopo la famosa dichiarazione sull’abolizione della povertà. Mentre Zingaretti festeggiava in Tv la vittoria del Sì dicendo che il Pd si farà carico delle ragioni e delle preoccupazioni del No, indicando la necessità di aprire la stagione delle riforme, che in realtà è quella che si doveva già fare in contemporanea con il percorso referendario. Vedremo. Dalle elezioni regionali è invece uscito un quadro politico di stabilizzazione del Governo. Ha perso Salvini che puntava, con il favore dei sondaggi, a vincere in Puglia e in Toscana per ribaltare il contesto passando da un 4 a 2 per il centrosinistra a un 4 a 2 o a un 5 a 1 per il centrodestra. È finita con un 3 a 3 che affida la vittoria di fatto a Zingaretti. In questo contesto si evidenzia nel centrodestra l’arretramento della Lega e di Fi e la crescita della Meloni, e nel centrosinistra l’irrilevanza di Italia viva di Matteo Renzi, nonostante il suo insistente protagonismo mediatico. Ma forse la sconfitta più pesante è quella del M5S che appare in caduta libera. Tuttavia se questo esito rafforza il Governo non risolve il problema di fondo che sta alla base delle sfide decisive dei prossimi mesi, a partire dai progetti per il rilancio economico del Paese e dalla gestione della permanente emergenza legata al Covid-19. Questo problema si chiama coesione, efficacia e credibilità della maggioranza che sostiene il Governo. È dall’inizio dell’esperienza dell’attuale Governo guidato da Conte che si pone la questione di dare un disegno strategico, una prospettiva, a un’alleanza nata sull’emergenza politica provocata dalle forzature di Salvini. Ma fino ad adesso questo nodo non è stato affrontato e sciolto per le contraddizioni interne del M5S e anche del Pd, nonostante le sollecitazioni del terzo, piccolo, socio di maggioranza che si chiama Leu. Ora, forse, alla luce delle tendenze elettorali, e pressati da passaggi decisivi come l’uso delle ingenti risorse europee, qualcosa si muove. Ma ancora non è chiara la direzione che si vuole dare sul tipo di sviluppo da perseguire, se nel senso vero e concreto della sostenibilità o meno. Anche qui vedremo.
Per quanto riguarda il voto in Toscana, sventato il pericolo della destra, che era reale, adesso si apre una fase nuova. Non è detto che sia migliore, si tratterà di vedere come il Pd, che esce indubbiamente da vincitore, riuscirà a mettere insieme una visione e una squadra di governo per i prossimi anni. Per adesso si vede ben poco. Il Pd ha beneficiato indubbiamente della mobilitazione dell’ultima ora, motivata dall’allarme per il rischio destra. Mentre poco è stato intercettato, purtroppo, dalla proposta di Sinistra civica ecologista che intendeva parlare agli elettori più sensibili ai temi sociali e ambientali, ma che ha pagato una debole e scarsa presenza nei territori. Una cosa simile è accaduta anche a liste di sinistra in Puglia e Campania. Non è stato il caso di Pisa, dove Sinistra Civica Ecologista ha raccolto tanti consensi in virtù di una buona campagna elettorale e di una lista innovativa, con competenze importanti e un capolista apprezzato, credibile e qualificato sul piano professionale e umano. Comunque un’analisi puntuale del voto in Toscana, per capire meglio le tendenze, andrà fatta con le dovute attenzioni. Basta, seppure frettolosamente, osservatore alcuni dati assoluti per capire che un approfondimento è necessario. Prendiamo il confronto con le elezioni europee di una anno fa, i votanti in Toscana non sono aumentati ma sono diminuiti di 61.372 attestandosi sul 1.800.000 elettori. Mentre nel voto ai partiti de centrodestra crollano di oltre 236mila i voti alla Lega e aumentano di circa 125mila quelli a Fratelli d’Italia, e quasi 40mila li perde Forza Italia. Il M5S perde in un anno 124.000 voti e anche il Pd, pur vincendo, arretra in un anno di oltre 62mila voti. Ma in questo caso bisogna notare che nelle europee non c’era una lista di sinistra come alle regionali di quest’anno. Ho messo insieme, rozzamente, queste cifre di voti assoluti perché spesso, con i confronti solo sulle percentuali, si fa fatica a percepire il rapporto fra affluenza e spostamenti elettorali. Per esempio abbiamo in questi giorni molte affermazioni riferite genericamente all’aumento dell’affluenza, che non c’è stato. Semmai c’è stato un aumento dell’astensione soprattutto nell’area moderata del centrodestra che pochi avevano preventivato. Questo per dire che con questi flussi non si può mai dire di essere al sicuro.
Chiudo questo post con un pensiero rivolto alla memoria di due importanti figure della sinistra scomparse negli ultimi giorni: Rossana Rossanda e Peppino Caldarola. Due persone che sento profondamente nell’Album di famiglia della sinistra italiana, come direbbe la Rossanda.