Dai risultati delle elezioni regionali sarde esce una conferma delle tendenze viste pochi giorni fa nelle consultazioni in Abruzzo. Il dato di fondo non è positivo perché si perdono due Regioni prima governate dal centrosinistra. Rispetto a cinque anni fa il quadro è molto scuro, per non dire nero. Però se si prende a riferimento il voto delle politiche del 2018, che ha di fatto cambiato e rivoluzionato in profondità il contesto politico, sociale e elettorale del Paese, qualcosa di nuovo e interessante lo possiamo vedere. Innanzitutto il tonfo del M5S che in Sardegna passa dal 42,5% al 9,7%. È evidente che pur considerando la debolezza dei cinque stelle nel voto locale siamo di fronte ad una seria crisi di consensi, che quantomeno segnala un’ampia delusione rispetto alle attese espresse solo un anno fa. Mentre non è così per la Lega di Salvini che, anche se in una misura inferiore alle previsioni, cresce elettoralmente. E i flussi dicono che la Lega intercetta una parte non piccola dei voti in uscita dal M5S. Di fronte a questo quadro Di Maio si arrabatta a dire che in fondo non è successo nulla e il Governo va avanti tranquillamente sulla sua strada. E così dice anche Salvini, che ovviamente è felice di vedere crescere il suo bacino elettorale a danno dei suoi alleati. E perché lui dovrebbe adesso mettere in discussione una situazione politica così favorevole? In questo senso le domande che fanno molti giornalisti sulla tenuta della maggioranza di Governo da qui alle elezioni europee sono davvero puerili. Quanto alla sinistra la strada è ancora lunga e ne parleremo la prossima settimana, anche alla luce dell’esito delle primarie del PD, ma non solo.
Ma quello che, credo, interessa di più in questa fase, anche ai fini di un ragionamento sulle linee di ripresa di una efficace iniziativa politica della sinistra, è discutere e capire le dinamiche sociali, culturali, mediatiche e politiche che hanno consentito e alimentato l’affermazione del M5S fino ad oggi. Ed una occasione importante, venerdì 1 marzo, è data dal confronto sul libro di Massimiliano Panarari, uno dei politologi che hanno studiato più a fondo il populismo grillino. Vi aspetto alla Leopolda.