Sul piano politico il 2018, l’anno che finisce, si conclude nel peggiore dei modi. L’approvazione della manovra economica avviene in un quadro di forte lesione del ruolo del Parlamento e di una azione tesa a incrinare le regole che caratterizzano la democrazia italiana, così come è stata concepita, anche se non sempre praticata, dalla Carta costituzionale. Molte sono le voci che richiamano con un certo allarme la situazione che stiamo vivendo. Sono più che comprensibili, pienamente condivisibili. Tuttavia, per quanto mi riguarda, insieme alla preoccupazione mi viene da esprimere anche un senso di scetticismo sull’attribuire il valore di un pericolo democratico imminente alle politiche portare avanti dal Governo gialloverde e dal duo Salvini-Di Maio. Mi sembra di stare in una sorta di commedia dell’imbroglio ben orchestrata da due furfanti, due venditori di fumo, che non si fanno scrupolo di contraddire quanto hanno fatto e detto nella passata legislatura. Ovvero quando erano all’opposizione. Come non ricordare le gazzarre che hanno inscenato, con toni apocalittici, ogni qual volta il Governo chiedeva il voto di fiducia. E quante parole spese contro “la casta” dei politici che usavano i benefici e le auto blu e profittavano delle funzioni istituzionali. Adesso di tutto questo non parlano più e dalle posizioni di potere e di Governo fanno ampio uso dei “privilegi” connessi ai ruoli istituzionali. Allora la domanda che ti viene è: ma quanto possono durare simili imbroglioni? Ecco, poiché credo che prima o poi la nebbia populista si diraderà e tanti potranno vedere meglio, non mi riesce di essere allarmato più di tanto, o in una misura tale da farmi guardare in modo pessimistico e triste al nuovo anno che va a cominciare. Forse sarà perché ieri sera ho visto su Rai 3 la bella puntata dei “Dieci comandamenti” dedicata alla straordinaria esperienza del Teatro della Fortezza di Volterra, diretto da Armando Punzo, dalla quale uscivano valori forti, ben radicati nella nostra Costituzione e nella nostra cultura.
Quello che invece mi rende triste in questo fine anno, e in particolare in questo mese di dicembre, è la scomparsa di persone e di punti di riferimento per me importanti. Proprio in queste ore salutiamo Antonio Rovina, un compagno con cui ho lavorato fin dai tempi del PCI in tante feste dell’Unità: al Giardino Scotto, alla Cittadella, alla festa nazionale di Tirrenia, fino agli anni più recenti. Antonio portava un contributo di attenzione, di rigore e di equilibrio, straordinariamente utile in un contesto in cui non mancavano momenti di discussione anche aspri e complicati. Lo faceva senza ricercare mai un protagonismo visibile, ma sapevi che di lui ci si poteva sempre fidare. Aveva senso del partito e della comunità di cui faceva parte, a cominciare dal suo quartiere. Quel senso che oggi è molto difficile ritrovare nella politica attuale. Pochi giorni fa ci ha lasciato Milena Moriani, una artista a tutto tondo, una donna di sinistra con la passione di impegnarsi per la causa dei diseredati, dei più deboli, per riscatto dei lavoratori. Sempre e soprattutto con le armi della cultura, della curiosità, del rispetto e della generosità. Lascia un vuoto, così come anni fa lo lasciò Uliano Martini, per chi, come tanti noi, ha trovato nei loro lavori, nelle loro opere, immagini e contenuti coerenti con le battaglie per una società più giusta. Infine la scomparsa di Amos Oz, lo scrittore israeliano che amo di più. Un intellettuale che si è battuto con determinazione, in modo chiaro e inequivocabile, per una soluzione pacifica e condivisa del conflitto in Palestina, basata sul pieno riconoscimento del diritto dei palestinesi ad avere un proprio Stato. Una scomoda voce critica per Israele e, allo stesso tempo, scomoda per i profeti del fanatismo di qualunque fede e orientamento politico. I suoi scritti pubblicati da Feltrinelli sono straordinari e vanno a colpire l’essenza delle questioni che amplificano scontri e conflitti nel mondo attuale. La sua invocazione a cercare sempre la via del dialogo e del compromesso nel senso più alto del termine, che è quello della vita, al contrario del fanatismo, portatore di scontro e di morte, che purtroppo vediamo crescere anche da noi insieme a varie forme di discriminazione e di esclusione.
Una voce, quella di Oz, che ci mancherà davvero tanto.
Tra poche ore inizierà l’anno nuovo e la speranza è che il 2019 porti novità e cambiamenti. In parte dipende anche da noi, dalle forze democratiche e di sinistra che allo stato attuale faticano a trovare la strada. Ma se si muove dall’idea di “ritrovare la strada” come immagine per recupera e organizzare rapporti con la società e dall’esigenza di farlo con un progetto nuovo, in piena discontinuità con l’ultimo decennio, qualcosa si può fare, penso, anche rapidamente.
Per questo, anche per questo, Buon anno nuovo a tutti!!!