Dopo il congresso del PCI, il 18 giugno, ci furono le elezioni europee e il partito comunista ci arrivava con il fiatone perché erano evidenti le difficoltà nel rapporto con una parte della società, soprattutto con i giovani. Non a caso il tema del congresso era “un nuovo PCI”. Mentre il PSI di Craxi sembrava arrivare alle elezioni con il “vento in poppa”. Invece, nella sostanza, non ci fu un gran sommovimento e a Pisa il PCI recuperò sulle precedenti elezioni politiche. La novità di quelle elezioni fu l’affermazione dei Verdi. Ma anche nella società cresceva l’attenzione verso il problema ambientale. Allora la Federazione pisana comunista rilanciò la proposta della propria assise congressuale: alleanze prima delle elezioni comunali con PSI e Verdi. Ma entrambi, socialisti e Verdi, con argomenti opposti risposero che era prematuro.Nello stesso tempo, il 26 giugno, Achille Occhetto intervenne per bloccare la variante urbanistica di Firenze sull’area Fiat-Fondiaria che prevedeva un massiccio sviluppo immobiliare. Il fatto provocò un grande clamore, e poneva il problema, in qualche modo, di segnalare la necessità di una seria riflessione sulla crescita basata sul mattone. Ecco che subito dopo anche a Pisa si animò una discussione sui grandi progetti che interessavano il nostro territorio con approcci molto differenti. C’era chi vedeva in ogni progetto il rischio della cementificazione a prescindere, chi raccomandava equilibrio e qualità, chi pensava che l’imperativo era il fare, lo sviluppo senza tante condizioni, e non si doveva mettere freni allo sviluppo. Nello specifico i progetti riguardavano l’autostrada da Pisa a Cecina, e il sistema infrastrutturale viario , l’area della Cosmopolitan, le Colonie e il Porto a Marina. Progetti che si incrociavano con il ruolo del Parco Migliarino-San Rossore-Massaciuccoli istituito con legge regionale nel 1979 con l’obbiettivo di impedire speculazioni edilizie in realtà naturalistiche da tutelare. Proprio in quel periodo era aperta la questione dell’approvazione del Piano Territoriale di Coordinamento e molte erano le resistenze e le opposizioni alle norme vincolanti del Parco, come forte era la richiesta di ridurne i confini. Inoltre la Giunta Comunale stava lavorando sul nuovo Piano Regolatore Generale. La linea che seguì il PCI pisano, sulla base di una articolata discussione interna che si preoccupava sia della qualità degli interventi che della governabilità del Comune, fu quella di proporre un approfondimento sui progetti previsti allo scopo di verificarne l’impatto ambientale e territoriale, insieme al raccordo con le indicazioni del Parco. Nel caso della Cosmopolitan, del Porto nell’area della Motofides e delle Colonie la questione di fondo da chiarire, oltre alla qualità degli interventi, era la previsione sui volumi di edificazione. In sostanza: per il PCI si trattava di andare incontro a quella sensibilità ecologica di cui si era parlato nel congresso e di cui si dibatteva nella società. In questo contesto, sulla stampa locale e nel dibattito politico, non mancarono posizioni di ambienti e associazioni portatrici di interessi economici mirate a far passare l’idea che dei comunisti non ci si poteva fidare e che le posizioni della Federazione del PCI erano solo finalizzate all’immobilismo, allo “sviluppo zero”. E’ in questo clima, con le elezioni amministrative alle porte (primavera 1990), che il PSI e il Sindaco Granchi presero una posizione rigida, sostenendo che la città non poteva attendere e una revisione del programma avrebbe inevitabilmente portato alla crisi dell’alleanza. Fu così che il primo di agosto, in Consiglio Comunale, il Sindaco si dimise aprendo una crisi che durò fino all’11 agosto, quando fu approvato un documento concordato fra i due partiti di maggioranza, a conclusione di un acceso confronto, nel quale si definivano le linee e le condizioni per la verifica e l’attuazione dei progetti in campo. Ma la ritrovata intesa non cancellò divergenze e diffidenze, che tornarono ad affacciarsi pochi mesi dopo con le problematiche connesse agli interventi sul traffico e alla definizione del Piano Regolatore. Sarà il tema della prossima “puntata”.Oggi non è il caso di entrare nello specifico dei contenuti di quel confronto, anche perché tanta acqua è passata sotto i ponti e molte di quelle vicende hanno trovato una soluzione. Alcune però, come il Parco, sono tutt’ora motivo di discussione, sebbene con aspetti e prospettive diversi da quelli di allora. Ma una cosa mi fa piacere riprendere. Ho letto recentemente in uno scritto di un giornalista che all’epoca di quelle vicende del 1989 commentò con durezza le posizioni del PCI, giudicandole inadeguate e strumentali perché ostacolavano lo sviluppo, una riflessione e un giudizio che rivalutano l’importanza di quel confronto. Ne riporto alcuni passaggi: “Un piano di non facile gestione quelli del Parco, perché gravato non soltanto dei compiti di tutela degli ambienti naturali… ma anche del ruolo di programmazione e indirizzo per gli spazi contigui o interni ai centri abitati. E’ rispondendo a questi obbiettivi, improntati a una tutela intelligente del territorio, che sono nate negli ultimi anni del secolo scorso le tre grandi operazioni di recupero edilizio poi completate a Marina di Pisa, Tirrenia e Calambrone”. Dopo aver accennato al fatto che non c’è stato incremento di cubature ma semmai riduzione, prosegue: “Non pochi sostenevano che quando il Parco nacque si era esagerato…nell’estensione e nei vincoli improntati alla logica dello “sviluppo zero”… Oggi le cose sono cambiate, ci sono stati necessari aggiustamenti e a conti fatti è difficile dare torto alla scelta di assecondare l’interrelazione esistente fra zone di alto valore naturalistico da mantenere intatte e zone limitrofe di pregio da sottoporre a regole capaci di rispettarne le esigenze di sviluppo, ma pur sempre ispirare a criteri di tutela. Il volto del litorale pisano è oggi il risultato di questo compromesso”.
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