Il 1992 è considerato un “anno nero” per l’Italia. È l’anno in cui esplose il caso “tangentopoli” e nel quale vi furono le stragi di Capaci e via D’Amelio, con le bombe della mafia che uccisero i giudici Falcone e Borsellino.
A gennaio la politica era prevalentemente già indirizzata a fare conti con le elezioni politiche previste per il 5 e 6 aprile. Anche a Pisa il tema principale era quello della individuazione delle candidature. Per il PDS il problema si intrecciava strettamente anche con l’impegno delle sezioni territoriali per la campagna di tesseramento, che dopo le fratture del congresso non si presentava facile. Fu comunque organizzato un percorso ampio e diffuso di consultazione della base sulle proposte da portare al vaglio del Comitato Federale.
La scelta fu quella di candidare Maria Taddei al Senato nel collegio di Volterra e Salvatore Senese, Luciano Ghelli, Giovanni Brunale e Maria Giulia Burresi nella circoscrizione della Camera. Particolarmente significativa era la candidatura come indipendente di Senese, magistrato con ruoli prestigiosi e con un profilo morale e culturale notevole, che mirava a mobilitare energie democratiche e di sinistra anche fuori dai partiti. Fu una campagna elettorale impegnativa e vivace con iniziative molto partecipate in occasione di incontri con Rodota’, Ingrao, D’Alema e Occhetto che parlò all’Universita’. Il 17 di febbraio ci fu a Milano il primo arresto per corruzione, quello di Mario Chiesa, dal quale prese il via l’operazione poi chiamata “mani pulite”. Ma il carattere dirompente di “tangentopoli” emerse in tutta la sua forza dopo le elezioni di aprile. I risultati elettorali registrarono un arretramento importante della DC, che scese sotto il 30%, e del PSI che invertiva la tendenza alla crescita, mentre il PDS si attestava sul 16,6 e Rifondazione Comunista sul 5,6.
La novità di quelle elezioni fu il successo della Lega Nord di Bossi che superò l’8% e in misura minore La Rete di Orlando che interpretava una domanda di rinnovamento della politica. Se il pentapartito segnava una sconfitta la sinistra non aveva comunque di che festeggiare. A Pisa il PDS prese il 26%, undici punti percentuali in meno del PCI, e Rifondazione prese il 9,3%. DC e PSI arretrarono e la maggioranza pentapartito che governava il Comune ne uscì politicamente indebolita. Gli eletti del PDS furono Maria Taddei al Senato e Salvatore Senese e Giovanni Brunale alla Camera. Negli organismi dirigenti si avviò subito una riflessione sul voto e sull’esigenza di attivare una iniziativa politica sui temi della città con l’obbiettivo di costruire una proposta e uno schieramento vincente per le amministrative del 1995 (ancora non c’era l’elezione diretta del Sindaco e anche per i consigli comunali vigeva il sistema proporzionale).
Un primo terreno di iniziativa e di confronto si creò a metà aprile, in occasione della Pasqua, con la “lettera aperta a tutti gli uomini di buona volontà” scritta dall’Arcivescovo Alessandro Plotti. Si trattava di un appello rivolto alla città, e in primo luogo alle forze politiche sociali, che sollecitava dialogo e incontro per sostenere i “bisogni legittimi e inalienabili dell’uomo, come il lavoro, la casa, la sicurezza sociale, l’assistenza sanitaria e la difesa dei diritti e della dignità della persona e della famiglia”.
Il punto di partenza del ragionamento faceva riferimento alla situazione delle fabbriche e in primo luogo della Piaggio, in cui venivano messi in discussione i livelli di occupazione e il futuro dei lavoratori e degli strati sociali più deboli. Nella lettera c’era anche una eco di ciò che stava avvenendo a Milano, con l’affermazione “Si tagli l’iniquo legame tra politica e affari”.
Il PDS fu il primo partito che rispose all’appello e si attivò per favorire un confronto costruttivo, mentre nella maggioranza di pentapartito in Comune permanevano divergenze che paralizzavano l’Amministrazione. Infatti prima della metà di maggio si aprì una crisi che portò il Sindaco Sergio Cortopassi a minacciare le dimissioni.
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