Alcune considerazioni, guardando qua e là alle notizie che si leggono su molte iniziative promosse dai Comuni per provare a rilanciare e intercettare il turismo. Soprattutto da parte di città che hanno valori monumentali o culturali da proporre. Vengono avanzate idee e azioni di promozione spesso concordate con le categorie sociali e le altre istituzioni o Enti interessati. A Pisa niente. Anche l’anno passato, alla fine del Lockdown, provammo a sollecitare l’Amministrazione comunale rispetto all’attivazione di un tavolo comune, con tutti i soggetti impegnati sul fronte del turismo, per definire un pacchetto di proposte da promuovere con l’obbiettivo di rafforzare la capacità di attrazione della nostra città e del territorio pisano. I segnali che si intravedono ci dicono che ci sarà un turismo soprattutto regionale e italiano, con una spinta accentuata verso il litorale, ma che sarà più debole in direzione delle città d’arte. Per adesso l’unico messaggio che ha dato Pisa, insieme alla elencazione delle sue ricchezze e delle opportunità, è stato quello dell’aumento del costo del biglietto per salire sulla Torre. Forse semplifico un po’ troppo, ma l’immobilismo del Sindaco e della Giunta su questo piano è davvero preoccupante.
Possibile che non si riescano a mettere insieme i diversi Enti, con gli operatori del turismo, per definire una proposta comune? Si è tanto osannato nelle settimane scorse il cosiddetto “patto del cacciucco” fra i Sindaci di Pisa, Livorno e Firenze, cosa ha prodotto oltre alla riproposizione dell’idea, non nuova ma certamente positiva, della metropolitana di superficie? Non c’è un impegno chiaro per il potenziamento del collegamento ferroviario della costa con Firenze; non c’è una chiara priorità per gli investimenti sull’aeroporto Galilei, anzi si fa da sponda a chi sostiene che i due scali di Pisa e Firenze devono camminare insieme con la nuova pista di Peretola; non c’è nessun impegno ad una verifica seria sulle scelte di difesa del litorale dai processi di erosione della costa; non c’è niente di concreto sull’esigenza di costruire un’offerta turistica integrata per la Toscana della costa. Sono domande sulle quali sarebbe utile provare a discutere; sempre che ci sia un interesse reale a sviluppare un confronto volto a migliorare l’assetto economico, sociale e ambientale del nostro territorio. Sarebbe auspicabile, ma per adesso mi fermo qui.
Voglio invece fare qualche considerazione sul tema delle responsabilità degli amministratori pubblici e sulla credibilità della politica. Prendo spunto da un articolo sul Corriere del Sindaco di Milano, Beppe Sala, in cui sosteneva che in politica il fare il Sindaco è la cosa più bella, un’esperienza intimamente legata all’amore e al rispetto per la propria città e alla sua comunità; e poi metteva in risalto come in relazione ai compiti e alle responsabilità dei Sindaci non corrisponda un riconoscimento adeguato per questo lavoro, a partire dalle indennità che sono molto al di sotto di quelle di altri livelli istituzionali, assai meno impegnativi sul piano dell’impegno quotidiano. Dopo Sala anche il Sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, ha segnalato il problema, collegandolo al fatto che, come dimostra l’attuale discussione sulle candidature per le prossime elezioni comunali nelle grandi città, ben pochi sono quelli che si scaldano e si propongono per sfide così importanti come sono quelle del governo delle città. Io sono d’accordo: fare il Sindaco è il mestiere più bello e gratificante se davvero vuoi bene alla tua città, se non interpreti quel ruolo come piattaforma di lancio per andare al più presto in posti più remunerativi. Scappare da quella responsabilità dopo un solo mandato, e talvolta anche prima della sua conclusione, significa non avere a cuore i problemi e il futuro della comunità che ti ha dato fiducia e ti ha eletto per quella funzione.
È un giudizio che mi sento di dare senza esitazioni e può valere per tutti coloro che hanno mollato la carica prima del tempo, che si chiamino Matteo Renzi o Susanna Ceccardi è la stessa cosa. Io, se la legge lo avesse permesso, avrei fatto volentieri anche un terzo mandato senza pensare a nuove tappe di carriera, perché, ripeto, in politica si tratta del compito più bello, ancorché gravoso e zeppo di responsabilità. Proprio per queste considerazioni penso che sia giusto rivedere il sistema delle indennità per i Sindaci, che va reso più adeguato e equilibrato. Basta pensare che un Parlamentare ha una indennità doppia o tripla rispetto a quella dei Sindaci dei Comuni capoluogo di Provincia. Entro su questo tema nel momento in cui si legge sui giornali della rinuncia da parte del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, alla indennità che gli spetta. Al di là dei risibili effetti che ciò determina sull’economia domestica di Draghi e ancora meno sul risanamento dei conti pubblici, si tratta di un ennesimo messaggio ambiguo e pericoloso, che liscia il pelo al populismo antipolitico e non giova al recupero di credibilità della politica. Anzi, finisce per alimentare il distacco.
Eppure dovremmo imparare qualcosa dal fatto che con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti e poi con la campagna sulla riduzione del numero dei parlamentari, confermata con il referendum, il sistema politico e istituzionale non ha recuperato nemmeno un granello di fiducia e di credibilità, mentre si è ulteriormente accentuata la crisi della rappresentanza e del rapporto fra eletti e elettori. A forza di inseguire il populismo, la personalizzazione della politica e la ricerca di un consenso basato sul senso comune indotto da un sistema mediatico asservito a precisi interessi economici e finanziari, stiamo procedendo a tappe progressive verso uno svuotamento sostanziale della democrazia italiana. Spero proprio di sbagliarmi.
Nessun Commento