Appena dopo aver posto seri interrogativi sui renziani rimasti nel PD, prendendo spunto dall’attacco di Gori a Zingaretti, ecco che arrivano, puntuali, conferme anche sul piano locale. Non entro nel merito e non so come finirà la vicenda delle dimissioni del segretario provinciale del PD Fabrizio Cerri, ma è evidente il peso di certe pratiche personalizzanti di chiara derivazione renziana; per cultura politica oltre che per calcolo. E’ sorprendente, come ha notato Franco Monaco, un ex deputato di stretta fede prodiana, la distrazione e la smemoratezza rispetto alla cocente sconfitta del PD sotto la guida di Renzi. Anche in Toscana: pare che non sia successo niente rispetto a due anni fa, e tutto scorre come allora. Anzi, con la candidatura di Giani il PD ha dimostrato di proprio di restare là, ancorato ad una visione che guarda più al centrismo che non alla storia riformista della sinistra toscana.
Tutto questo mentre il rischio di una possibile vittoria della destra nella nostra regione è assai serio. Lo era qualche mese fa, nell’autunno del 2019, quando di fronte all’offensiva populista di Salvini per “liberare le regioni rosse”, Emilia Romagna e Toscana, ha preso il via un percorso di costruzione di un’ampia alleanza di centrosinistra per contrastare quel pericolo. Quel rischio non è scomparso dopo la vittoria di Bonaccini in Emilia e per il calo di simpatie verso Salvini segnalato dai sondaggi. La destra, il centrodestra in Toscana, è ben sopra la soglia del 40% e la partita si gioca nel primo turno. Sbagliano coloro che pensano che il pericolo è scongiurato e che Giani ha in tasca la vittoria.
In questo modo si scoraggia la partecipazione la voto di chi comunque coltiva delle legittime perplessità sullo stato attuale della politica in Toscana. Semmai il problema è quello di fare in modo che qualcosa di nuovo si muova a sinistra e sia in grado di condizionare e spostare l’asse del Governo regionale verso una impostazione più attenta e sensibile ai temi del lavoro, della lotta alle diseguaglianze, della tutela dell’ambiente e del territorio. Bisogna dire con chiarezza che “l’ideologia” delle grandi opere ha fatto il suo tempo, va aggiornata, perché i grandi processi che oggi investono i problemi della salute e dell’equilibrio socio-economico e ambientale richiedono una verifica rigorosa sull’impatto e sulle conseguenze di ogni tipo d’intervento. Per questo c’è bisogno, nello schieramento di centrosinistra, di una lista di sinistra, unitaria, aperta e plurale, come auspicato dall’appello di “Toscana 2020aSinistra”. In tal senso speriamo di vedere qualche novità nei prossimi giorni.
Ma in questo taccuino voglio anche parlare di un caso che ha scosso l’opinione pubblica pisana e italiana più di venti anni fa e che adesso, finalmente, sta trovando delle risposte. Mi riferisco alla vicenda della violenta morte di Emanuele Scieri nella caserma Gamerra di Pisa. Scieri si era arruolato nei paracadutati della Folgore e arrivava a Pisa per iniziare il suo percorso militare il 13 agosto del 1999. Fu ritrovato morto il 16 alla base della torre di asciugatura dei paracaduti. Fin da subito si pensò alla ipotesi di episodio “nonnismo” finito male. Si sapeva che il nonnismo era non solo tollerato ma talvolta anche incoraggiato da certi Ufficiali e, spesso, veniva esercitato con metodi a dir poco violenti. Però fu alzata immediatamente una cortina fumogena tesa a scongiurare una seria indagine in quella direzione. Addirittura si parlò di suicidio o di incidente.
Fu evidente, dall’inizio, nei vertici militari, un atteggiamento di ostilità verso la ricerca di una verità che poteva essere scomoda, perché metteva in luce approcci e comportamenti della vita militare palesemente in contrasto con il rispetto della dignità e dell’autonomia della persona. E ciò dette consistenza ad un atteggiamento omertoso che ha ostacolato a lungo la ricerca della verità e della giustizia. Solo con la riapertura dell’indagine, precedente archiviata, attuata dalla Procura di Pisa dopo le sollecitazioni della commissione d’inchiesta parlamentare, guidata dalla deputata Sofia Amodio nella passata legislatura, si è arrivati a fare chiarezza. Scieri fu ucciso, vittima di atti violenti riconducibili al nonnismo, e adesso ci sono degli imputati, con nome e cognome, indagati per quel delitto. Questo fatto evidenzia, inoltre, che oltre all’azione della magistratura si è mosso qualcosa anche nell’atteggiamento degli organi militari. Così sembra almeno, e ciò è indubbiamente positivo. Su questa drammatica storia, che ha lacerato per tanti anni la famiglia di Emanuele Scieri, abbiamo letto una bella intervista alla mamma, Isabella Guarino, pubblicata sul Tirreno del 17 giugno.
Le ho telefonato per esprimerle ancora una volta la mia vicinanza. Allora, nell’agosto del ’99, partecipai ai funerali di Emanuele a Siracusa portando il Gonfalone del Comune di Pisa. L’intervista di Sabrina Chiellini alla mamma si conclude con un auspicio che penso vada ripreso, attuato e concretizzato il prima possibile: quello di intitolare un giardino o una strada a Emanuele Scieri, come ricordo di un giovane vittima di una violenza e di una mentalità assurda e anche come monito per il valore prioritario della ricerca della verità.
Nessun Commento