Si rischia di diventare noiosi nel rilevare lo scarto profondo che c’è nel dibattito politico e nell’informazione tra i grandi problemi che mettono in discussione il futuro delle nuove generazioni e del pianeta, e la realtà quotidiana fatta di tatticismi, di protagonismi individualistici, di interessi economici più o meno lobbistici. Vediamo ormai con una certa continuità le immagini della crisi ambientale alimentata dal cambiamento climatico, ascoltiamo e leggiamo documentate analisi su come le forzature nel rapporto fra le attività dell’uomo e la natura siano la causa di nuovi pericoli per la salute delle persone; facciamo i conti con i dati che segnalano un enorme aumento delle diseguaglianze, economiche, sociali e culturali, in gran parte del mondo più avanzato; avvertiamo la preoccupazione diffusa sulla possibilità di tenuta di simili squilibri, sia sul piano economico e sociale che su quello democratico; e alla fine ciò che tutti auspicano è la necessità di recuperare un livello adeguato di coesione e di fiducia per poter affrontare efficacemente questa situazione. Ma, regolarmente, è ciò che tuttavia non avviene.
Basta osservare il discorso pubblico, politico, di governo e di opposizione, sulle cose da fare o sui progetti da perseguire per affrontare davvero il tema del cambiamento, a cominciare dal tanto osannato PNRR. Non mi pare che si respiri un’aria di novità, di tensione innovatrice, di attese per il futuro. E men che meno di voglia di coesione, di fiducia e di unità nazionale, al di là del sostegno massiccio del sistema mediatico al premier Draghi. Quella che emerge e viene alimentata è una domanda di normalità fondata sul rilancio proprio di quel modello di sviluppo che ci ha messo nei guai. Ovvero uno sviluppo che lasci inalterati gli squilibri esistenti a vantaggio dei più ricchi, dei grandi interessi della finanza e della rendita che dettano legge nel sistema liberistico attuale. È più che evidente che in tale contesto la sfida per la sinistra sia molto difficile, sempre ammesso che abbia voglia di lanciarla. Per questo non mi sento molto in sintonia con chi pensa in termini di rassicurante ottimismo. Ma chissà, forse sarà proprio il pesante e crescente malessere sociale a far scoppiare nuove contraddizioni, a far esplodere nuovi conflitti, che non siano solo quello fra i poveri, capaci di mettere in causa l’attuale modello di sviluppo e proporre nuove soluzioni.
Sul piano locale, quello della Toscana, i titoli dei giornali si sono concentrati sulla presentazione del piano di investimenti di Toscana Aeroporti, con una previsione di interventi per 380 milioni sull’aeroporto di Firenze e 85 su quello di Pisa, diluiti in un arco temporale che arriva al 2035. In realtà si tratta di cose già annunciate e programmate da tempo, ma che non sono andate avanti innanzitutto per le scelte della società prima ancora che per la crisi causata dalla pandemia. Come sappiamo il progetto della nuova pista di Peretola è stato bocciato per l’incompatibilità con le norme di tutela ambientale, nonostante la forzatura tentata con l’appoggio di ENAC. E adesso il percorso dovrà, se viene mantenuta questa scelta, ricominciare da capo con le dovute verifiche. Invece gli investimenti sull’ampliamento dei terminal dell’aeroporto Galilei furono definiti e annunciati già nel 2015, con l’avvertenza che le risorse erano disponibili, pronte e destinate. Gli annunci si sono ripetuti più volte negli ultimi anni, in ogni occasione di partecipazione dell’attuale Amministratore Delegato di Toscana Aeroporti alle riunioni del Consiglio Comunale di Pisa. E tuttavia questi investimenti ancora non sono stati messi in cantiere nonostante l’evidente situazione di congestionamento che si è manifestata al Galilei con la crescita del movimento passeggeri nel 2018 e 2019.
Però la scelta della società è stata quella di tenere ferma la situazione con la motivazione che si doveva procedere in parallelo con gli interventi su Firenze. Ma dove stava la connessione nessuno è stato in grado di dirlo, a meno che il tema non fosse quello di mascherare problemi di equilibri finanziari o di cassa. Ovviamente a danno dello scalo pisano. Poi è arrivata la pandemia e lo stop ai voli e alle attività, generando ovviamente una situazione di crisi molto pesante e, adesso, si dice che gli investimenti sul terminal si faranno ma in relazione al recupero dei voli e dei passeggeri. L’unica novità degli annunci di ieri, mi pare, sia nella decisione di anticipare gli investimenti sulla aerostazione di Peretola rispetto alla nuova pista e forse questo può essere un ragionamento sensato, perché anche l’attuale terminal di Firenze è certamente inadeguato per i volumi di traffico raggiunti nel 2019.
Ma quello che più ha sorpreso della conferenza di ieri è la predisposizione degli amministratori pubblici a farsi prendere in giro. Tutti educatamente radunati intorno ad un soggetto imprenditoriale che non ha esitato a modificare lo statuto per ridimensionare la rappresentanza pubblica nel CdA e che stenta a riconoscere alle istituzioni un ruolo di mediazione nelle vicende che mettono in discussione il futuro di centinaia di lavoratori. In particolare colpiscono le dichiarazioni dei pisani, a cominciare dal Sindaco Conti, che hanno rinunciato a porre con forza la questione dei ritardi immotivati degli investimenti sul terminal del Galilei e hanno accettato di ragionare sulla base del falso argomento delle divisioni campanilistiche. Come è possibile non far notare che se venivano rispettate le previsioni e gli annunci quegli interventi erano già completati, o quasi. Stupisce che anche la stampa locale, che pure dispone di archivi efficienti sulle notizie e le dichiarazioni passate, faccia finta che si stia parlando di cose nuove e addirittura parli di “tempi certi”.
Tra l’altro c’è un punto chiaro che emerge dal piano degli investimenti illustrato ieri che non è solo quello della “disparità” fra Firenze e Pisa, come hanno fatto notare in molti. Si tratta del fatto che, augurandoci che finita la pandemia riprendano i voli e i flussi di passeggeri come prima, una gran parte degli utili che verranno prodotti dallo scalo pisano si trasferiranno negli investimenti su Peretola e, quindi, sulla nuova pista che potenzialmente può indebolire le attività del Galilei, con effetti negativi sull’economia e l’occupazione. Eppure quando Corporation America acquisì la maggioranza delle azioni nella Sat i suoi rappresentanti si affannarono in ripetute dichiarazioni rassicuranti per i pisani, sostenendo che Pisa avrebbe sempre avuto un ruolo centrale nella Società e che nessuno l’avrebbe privata delle proprie risorse. Ebbene, le cose non vanno proprio così e l’atteggiamento di esponenti politici e amministratori che fanno due parti in commedia non è tollerabile. La credibilità si fonda soprattutto sulla coerenza tra il dire e il fare.