Le notizie di queste ore mettono in evidenza l’alto tasso di propaganda e di mistificazione che caratterizza l’azione del governo Berlusconi. Passato il tempo delle promesse facili arrivano i problemi ed ecco che nel programma economico presentato dal ministro Tremonti non è prevista nessuna riduzione delle tasse nel prossimo triennio mentre è invece prevista nel decreto fiscale una forte riduzione della spesa sociale e sanitaria. Si propongono tagli alle Regioni che lo stesso Formigoni definisce “insostenibili” e agli Enti Locali in una misura enorme (9 miliardi in tre anni) bollata come “inaccettabile” dall’ufficio di presidenza dell’Anci, del quale fanno parte i sindaci di Milano e Roma. E’ evidente a tutti che questa situazione di grave difficoltà per gli Enti territoriali si trasforma in una riduzione dei servizi in un momento di forte disagio delle famiglie italiane.
Forse qualcuno nel governo e nella maggioranza berlusconiana pensava che con la “querelle” sulla giustizia e con le forzature attuate per mettere al riparo il presidente del Consiglio dai suoi guai giudiziari i problemi reali passassero in secondo piano. Ma non è così che vanno le cose. La “materialità” delle condizioni di vita non si può eludere con il fumo del populismo e l’agitazione della paura che tanto piace alla destra italiana.
La prima esigenza che invece dobbiamo avvertire è quella di un discorso chiaro e coerente al Paese su quelle che sono le vere priorità. Esattamente il contrario delle politiche di esasperazione dell’insicurezza che si sono registrate in questi anni.
Del resto la stessa vicenda del decreto sulla sicurezza pubblica presentato in pompa magna dal governo dovrebbe far riflettere: l’inserimento improprio nel provvedimento delle norme chiamate “blocca-processi” diceva in modo illuminante quale era la vera priorità della maggioranza. Cioè, in nome di quella esigenza si sacrificavano i procedimenti giudiziari proprio per migliaia e migliaia di quei reati sui quali si suonava l’allarme. Poi, dopo l’approvazione del “lodo Alfano”, si fa marcia indietro e l’utilità di quelle norme per la lotta alla criminalità scompare di colpo. Allora perché questa distorsione continua della realtà?
Ma questo è solo una parte del problema. Mentre si proclamava l’assoluta urgenza delle misure per la sicurezza Tremonti predisponeva una manovra economica che taglia pesantemente le risorse ai ministeri impegnati ad attivare le nuove azioni per la sicurezza. Dove sta la coerenza fra le parole e i fatti? Ora dopo le denunce delle opposizioni il governo si affanna a trovare qualche soluzione. Resta tuttavia il problema del valore negativo di una politica che, per ragioni elettoralistiche, si fa prendere la mano dagli istinti peggiori e da un lato semplifica e generalizza problemi difficili come quello dell’immigrazione e dall’altro asseconda domande che portano alla frammentazione degli interessi e alla perdita del senso di comunità.
Da questo punto di vista l’idea di rafforzare il ruolo dei sindaci, prevista nel decreto, può essere molto utile per un approccio innovativo. Tuttavia leggendo il testo e verificandolo con le richieste dell’Anci e anche della “carta di Parma” elogiata dal ministro Maroni, la distanza è grande. Il “potere” dei sindaci è assai limitato e anzi viene sottoposto alla “comunicazione preventiva” ai prefetti. Non è certo un bel modo per valorizzare la funzione e l’autonomia dei Comuni.
La discussione e il confronto sulla sicurezza, valore indiscutibile per tutti i cittadini, dovrebbe essere invece l’occasione per rimettere al centro il tema della convivenza civile e della necessità di attuare politiche di controllo del territorio improntate al recupero di senso civico e al pieno rispetto dei diritti e dei doveri di ciascuno.
Paolo Fontanelli
Deputato del PD