Siamo arrivati alle ultime ore di un anno davvero terribile. La pandemia, l’aggravarsi della questione climatica, la crisi economica che impoverisce molti e arricchisce pochi (accentuando in modo enorme il livello delle diseguaglianze), l’indebolimento delle azioni e delle coscienze in difesa dei diritti (a cominciare da quelli umani), l’appannamento delle democrazie (nei valori e nel funzionamento), indicano chiaramente il punto critico di fronte al quale ci si trova. Ovviamente molti di questi problemi, i più, sono iniziati ben prima del Covid-19. Anzi, come affermano molti studiosi, il virus è il prodotto degli squilibri prodotti da un modello di sviluppo distorsivo del rapporto fra le attività umane e la natura.
Quando è esplosa la pandemia c’è stato un momento di riflessione assai diffuso, di presa di coscienza, che poneva la questione del cambiamento. Si diceva “nulla sarà più come prima”, oppure “sfruttiamo l’occasione per rimediare e correggere gli errori”, proviamo a “ripensare stili di vita e consumi”. Ebbene di tutto ciò non c’è alcuna traccia, sia nel dibattito politico che nei comportamenti sociali. L’individualismo, il particolarismo, gli egoismi, hanno ripreso la scena sulla base della illusoria e sbagliata idea che bisogna “ritornare alla normalità precedente”. E purtroppo l’esempio principale di questa situazione viene proprio dai messaggi e dalle iniziative del mondo politico, da chi invece dovrebbe fare tutto il possibile per indicare una via di uscita dalla crisi capace di rasserenare e unire il Paese. Cioè riguarda sia l’opposizione che la maggioranza. Certo le lotte intestine e i ricatti nell’ambito di una coalizione di governo molto fragile sul piano parlamentare sono il massimo della irresponsabilità.
Il punto è che, per riprendersi dalla crisi, l’Italia avrebbe bisogno soprattutto di fiducia e di stabilità. Condizioni che non si creano solo con la speranza, che il vaccino ha finalmente portato, ma hanno bisogno di fondarsi su un progetto per il futuro, su una prospettiva. Condizioni che finora mancano del tutto. Forse è proprio questo il tema principale che soprattutto il mondo progressista e di sinistra deve mettere in cima ai pensieri con l’avvento del nuovo anno. Continuare a pensare che le cose si risolvono con la gestione del Governo e del potere, supportati dalla comunicazione e dal racconto mediatico, è una aspettativa illusoria che non porterà a nessun cambiamento e non servirà a ridimensionare il consenso maggioritario di cui gode la destra populista, come dimostrano chiaramente le tendenze elettorali. Per questo, l’augurio prioritario che ci possiamo fare guardando al 2021, è che a sinistra si aprano gli occhi e si provi a mettere in campo qualcosa di nuovo.