Inizia una settimana che si prevede possa concludersi con misure restrittive sul piano della lotta alla pandemia e, sul piano politico, con le decisioni dell’Assemblea nazionale del PD chiamata a discutere delle dimissioni del segretario del partito Nicola Zingaretti. E inizia con il rientro in Italia di Papa Francesco dalla coraggiosa e straordinaria missione svolta in Iraq, per portare un messaggio di pace e, insieme, di dialogo e di collaborazione fra le religioni. Una missione che certamente meritava più spazio e attenzione da parte del sistema mediatico italiano e dei suoi talk show, quasi del tutto assorbiti dalle discussioni sulla nuova ondata di contagi e sul dibattito politico, su Sanremo e sul dibattito politico, equamente suddiviso fra il tema PD-Zingaretti e le attese sulle meraviglie del Governo Draghi.
In realtà, su quest’ultimo punto, per adesso, assistiamo ai salti mortali di tanti commentatori che chiedevano e osannavano la discontinuità dal Governo Conte e si trovano a dover giustificare provvedimenti che sono la pura proiezione di quelli presi dall’esecutivo precedente. Sono gli stessi, conduttori e giornalisti, che per settimane invocavano il ricorso al Mes come scelta fondamentale per salvare il Paese e ora tacciono, non osano nemmeno accennare ad una qualche motivazione che ne spieghi l’abbandono. Ma delle miserie del nostro sistema informativo, in grandissima parte privo di una reale autonomia e indipendenza, e assai carente dal lato dell’obiettività e della libertà d’informazione, continueremo a parlare.
Certo, si può dire motivatamente che ciò che vediamo nella rete non è da meno, anzi talvolta è più pericoloso perché portatore di molte false notizie, oltre che di offese e rancori ingiustificabili. Tuttavia ciò che abbiamo visto e letto negli ultimi sei-otto mesi in relazione al dibattito sulla politica del Governo, e in particolare al giudizio sui provvedimenti presi e annunciati, porta chiaramente nella direzione di un disegno politico indirizzato a far saltare l’esperienza di una maggioranza che poteva presentarsi come alternativa alla destra, sostenuto in primo luogo dalle proprietà dei grandi mezzi di comunicazione di massa.
Adesso, per quanto riguarda il giudizio sul Governo, cercano di normalizzare la situazione, ma sul proposito di impedire una aggregazione competitiva che abbia la bussola orientata a sinistra non demordono, e anche sulla vicenda delle dimissioni di Zingaretti stanno “lavorando” per favorire uno sbocco di isolamento, oppure uno spostamento di tipo centrista. Ormai siamo arrivati, negli editoriali dei “giornaloni”, a stabilire l’equazione tra la definizione di “riformisti” con quella di “moderati”, tra quella di “riforme” con la preservazione del “mercato” e degli interessi economici in essere. Imbrogliano anche sulle parole. Il tutto mentre crescono, insieme alla pandemia, non solo le ansie per il futuro ma soprattutto le diseguaglianze economiche e sociali, che producono in modo allarmante un aumento delle povertà e delle insicurezze. I dati dell’Istat che dicono di un milione di poveri in più solo nell’arco degli ultimi dodici mesi, come il sensibile incremento del ricorso agli aiuta della Caritas in tutto il Paese, e anche a Pisa, parlano chiaro. Sta crescendo una situazione di disagio e di malessere sociale che non può essere sottovalutata, e solo pensare che sarà il “mercato” a risolvere i problemi è pura follia.
Ecco, forse, il problema principale che dovrebbe essere posto all’attenzione del dibattito politico, soprattutto di chi guarda a sinistra, è proprio quello di come recuperare e dare rappresentanza a quei milioni di italiani e di famiglie che vivono, o rischiano di vivere, questa fase come un processo di marginalizzazione e di esclusione, sia sul piano sociale che su quello democratico. Ma in realtà dovrebbe interessare tutti perché per uscire dalla crisi, come sostengono molti, anche sui giornaloni, occorre generare una larga fiducia nel Paese, ed è quantomeno assai difficile generarla in un contesto segnato da una larga diffusione del malessere e della rabbia sociale.