Per diverse ragioni il mio impegno a dare una continuità settimanale, o quasi, al Punto si è diradato. Certamente pesa in una certa misura il calo di attenzione, o meglio la caduta di interesse per una politica sempre più caratterizzata da approssimazione, personalizzazione e ossessione per la visibilità; incapace di prospettare una visione sul futuro e un confronto fra progetti credibili. Eppure l’emergenza creata dalla pandemia interroga, dovrebbe interrogare, soprattutto sui grandi cambiamenti in atto, a partire da quelli ambientali, e sulle possibilità e il destino delle condizioni di vita delle prossime generazioni.
Invece il dibattito politico appare bloccato sul presente, e anche i provvedimenti varati dal Governo stanno dentro una logica di compatibilità determinata dagli accordi tra soggetti politici preoccupati solo dei sondaggi sul voto. Basta guardare agli interventi in materia fiscale, che non modificano di millimetro la preoccupante situazione di aumento delle diseguaglianze e dei divari sociali. Si continua a parlare molto del PNRR, che porterà importanti risorse per rilanciare gli investimenti e l’economia, ma il profilo che ha assunto sta più in una linea di continuità con il vecchio modello di sviluppo che non in un quadro di cambiamento. Ovviamente è giusto e prioritario occuparsi di come fronteggiare il virus del COVID, nelle sue insidiose varianti, e puntare al massimo della vaccinazione possibile, ma lo spettacolo delle furbate politiche agitate da Salvini e dalla Meloni, per strizzare l’occhio ai No-Green Pass, è davvero indecente almeno quanto lo spazio che gli viene dedicato dai media. Del resto viviamo una fase politica segnata dalle giravolte, in cui il valore della coerenza non viene più considerato, e anzi si tende a giustificare e talvolta a elogiare ogni tatticismo possibile.
Pensiamo ai due “Mattei”. Quello di destra, il leghista, che ora si trova a annullare il congresso già convocato perché tanti delegati non sono in grado di esibire il Green Pass necessario per le riunioni nei luoghi chiusi. Ironia della sorte. E quello di centro, Matteo Renzi, che guarda sempre più a destra con la speranza di salvaguardare uno spazio per se stesso e i suoi redditi. Possibile che nessuno si chieda dove sta un minimo di coerenza tra il voto che lo ha portato in Parlamento, lui e tutta la pattuglia di Italia Viva, e la scelta di cambiare radicalmente campo politico? Siamo al limite dell’indecenza politica. Tuttavia la mia impressione è che agli autori queste giravolte non porteranno molto bene. Quanto al centrosinistra, anche qui siamo in un quadro assai mosso, in cui sono presenti diverse incertezze. La prima riguarda il rapporto con il M5S. Enrico Letta si sta muovendo, mi pare, sull’asse della costruzione di un nuovo centrosinistra alleato con i Cinquestelle. Ma quanto sia la tenuta di Conte e del M5S sul piano elettorale oggi è una seria incognita. I sondaggi segnalano una tendenza intorno al 14/15%, ma la percezione nella realtà del malessere politico autorizza a pensare ad un sensibile arretramento. È evidente che ciò porta con se l’esigenza di un reale chiarimento sul piano politico e programmatico da parte del M5S. C’è una nuova credibilità da costruire, e non è così semplice. Inoltre, secondo me, nel campo del centrosinistra resta un problema rilevante di rappresentanza delle istanze politiche e culturali più orientate a sinistra. E non è solo un problema di eccessiva frammentazione fra sigle, leader e aspiranti leader.
Il tema vero credo sia quello di riuscire a riattivare una vera speranza di cambiamento nel senso della giustizia sociale e nella tutela dei beni primari come l’equilibrio ambientale. Ecco, pensare che questo insieme di questioni politiche possa trovare una soluzione nel passaggio della elezione del Presidente della Repubblica mi sembra un’idea campata per aria. O meglio, un’idea fondata sulla convinzione che tutto è posizionamento e tattica politica e che i valori, le visioni, le progettualità, servono a poco. Infatti ogni volta che ci si pone il problema di ricostruire un diffuso clima di fiducia nel Paese, fondamentale per uscire dalla crisi, si va a sbattere contro la difficoltà di mettere in campo la credibilità necessaria. E si rimpiangono i partiti e i corpi intermedi di un tempo; salvo poi, nel contesto dominato dal sistema comunicativo e mediatico, continuare ad alimentare una progressiva personalizzazione della politica e della rappresentanza. Pensavo di dire anche qualcosa su Pisa, dopo il post pubblicato sul taccuino, ma l’ho fatta troppo lunga e ci tornerò nei prossimi giorni. Intanto segnalo due iniziative nella prossima settimana (martedì e sabato) che, credo, possano interessare.