Da un po’ di tempo, quasi ogni settimana, si parla di possibili crisi di Governo. Vuoi perché si sviluppano polemiche tra le forze politiche che lo sostengono, o vuoi perché vacillano i numeri per la maggioranza in Senato. Oppure perché i media, giornali e tv, alimentano un senso di precarietà politica funzionale ad un disegno di condizionamento delle scelte in materia di sviluppo e di investimenti.
Sono gli interessi di gruppi editoriali che hanno le loro ragioni più in un certo tipo di economia che non in quello dell’editoria, intesa come informazione indipendente. Ciò, ovviamente, non vuol dire che nel Governo e nella maggioranza non manchino i problemi. Ci sono, e sono seri, a partire dalla mancanza di una credibile proposta per il futuro. E non sono facili da risolvere perché soprattutto il M5S si trova in una crisi d’identità enorme: nato come movimento anti sistema, moralmente altro dai vecchi partiti, motivato sul superamento della divisione fra la destra e la sinistra, oggi si trova nel pieno della gestione del sistema, con un peso decisivo sul piano della tenuta numerica della maggioranza, e con l’emersione di vicende poco edificanti anche nel rapporto con alcune lobby del tabacco. È dunque evidente che una forte precarietà è nelle cose. Ma detto questo esiste un’alternativa? Può un Paese che deve predisporre un piano credibile per ottenere duecento miliardi di finanziamento dall’Europa rischiare le elezioni anticipate? Mi sembra difficile.
Anche tutte le polemiche sui provvedimenti del Governo sulla pandemia si sgonfiano molto di significato quando vedi che dai sondaggi emerge una larga condivisione sulle misure restrittive e precauzionali varate con l’ultimo Dpcm. Allora, in questo contesto, non sarebbe più ragionevole, da parte delle forze di maggioranza, provare a costruire un percorso politico di più ampio respiro? Che vada oltre i tatticismi quotidiani e i protagonismi personalistici di chi immagina di veder crescere il proprio peso politico mettendo in discussione la tenuta della maggioranza. In questo senso l’azione di Matteo Renzi con la sponda di un pezzo del PD appare molto pericolosa. Certo esiste il problema del comportamento di Conte, Presidente del Consiglio, che deve garantire trasparenza e collegialità nella definizione delle scelte per il piano di rilancio del Paese e nell’indirizzo delle risorse europee. Ma è semmai sul terreno del progetto per il futuro che va incalzato, lui e il M5S, per dare una proiezione politica credibile all’attuale compagine di governo, e non con manovre che alimentano la palude del trasformismo.
Sabato ho seguito il confronto promosso da Italianieuropei sul futuro della sinistra con gli interventi di Amato, Bettini, Franceschini, Zingaretti, Dominijanni, Renzi, Schlein, Speranza, Urbinati e D’Alema. Una rappresentazione larga di posizioni, alcune anche assai distanti, in rapporto all’obiettivo di indicare una strada per la ricomposizione del campo progressista. Comunque interessante e credo sia possibile rivedere su YouTube. Tra tanti spunti e ragionamenti mi pare che i contributi più innovativi siano stati quelli di Nadia Urbinati e di a Elly Schlein.
Tuttavia siamo ancora lontani dal vedere un reale processo di carattere unitario nell’ambito della sinistra che, forse, sarà possibile solo in un quadro di rigenerazione della politica, che significa riconoscimento e fiducia nei corpi intermedi da parte dei cittadini, e in tal senso il fondamentale ruolo dei partiti come soggetti promotori della partecipazione alle principali scelte politiche del Paese, come auspicato dall’Articolo 49 della Costituzione, e animato da una visione di cambiamento sul futuro del Paese. Senza questo respiro restano in campo piccoli propositi, spesso legati solo alle ambizioni personali di qualche personaggio più o meno gonfiate dalla visibilità mediatica.