La settimana del Festival di Sanremo è iniziata sotto il segno delle paure e degli allarmismi sul coronavirus. Mentre il Governo e le strutture sanitarie si muovevano giustamente per fronteggiare preoccupazioni e rischi non sono mancati quelli che hanno cercato di fare speculazione politica come Salvini e la Lega, con un atteggiamento propagandistico irresponsabile, peraltro assai dannoso per il Paese sul piano economico. Ciò ha contribuito a sviluppare e far crescere un’onda emotiva ingiustificata che ha prodotto effetti perversi e irrazionali nel comportamento di una parte rilevante dell’opinione pubblica, per non parlare degli episodi offensivi e di odio verso cinesi e orientali che sono venuti alle cronache. Si tratta di un’ulteriore dimostrazione della debolezza e della fragilità culturale degli italiani, che a mio parere non è diminuita ma è cresciuta negli anni anche per colpa del nostro sistema mediatico. Una considerazione che si può estendere e verificare su molti altri aspetti, a partire dal livello di ipocrisia con cui la politica e l’informazione si confrontano sui problemi principali. Basta guardare al dibattito sulla prescrizione dei processi, dove siamo di fronte ad una alternativa fra due soluzioni sbagliate e in contrasto con la Costituzione. Sono inaccettabili i processi senza fine, in cui si resta “colpevoli” a tempo indefinito come sono inaccettabili soluzioni, come la prescrizione, che consentono ai “colpevoli” di evitare il giudizio. Cosa che nell’attuale funzionamento del nostro sistema giudiziario capita più spesso a chi ha i mezzi per pagare i migliori avvocati. E’ evidente che la giustizia, così com’è, non è uguale per tutti. L’unico modo serio di affrontare il problema è quello di attuare una riforma, normativa e organizzativa, capace di stabilire tempi certi e veloci per i processi, in linea con quanto avviene negli altri principali Paesi europei. Invece nella discussione prevalgono toni e posizioni da tifoserie, tra chi è più forcaiolo e chi fa il garantista con l’obbiettivo di garantire solo chi può sfuggire alle proprie responsabilità. Però l’ipocrisia porta entrambe le posizioni a dire che lo fanno nell’interesse della giustizia, e non è affatto vero.
Un’altro esempio di ipocrisia ci viene dal giornale della Confindustria, il Sole24ore, che pubblica analisi interessanti sul tema del lavoro e dell’occupazione mettendo in rilievo il fatto che “se aumentano gli occupati ma il Pil non cresce vuol dire che si tratta di nuovi posti di lavoro a basso valore aggiunto” e che “crescono i contratti con meno tutele”, ma poi appena qualcuno sostiene che bisogna rivedere il JobsAct si affretta a dire che sarebbe un guaio, una catastrofe, per le imprese e l’economia italiana. E su queste posizioni il più svelto a dare appoggio alla Confindustria è il solito Renzi, ideatore della “lotta al precariato sviluppando il massimo di precarietà nel mercato del lavoro”. Il quale, tra l’altro, sempre per parlare di ipocrisia, un tempo si scagliava contro i “il potere di veto dei piccoli partiti” e adesso invece lo pratica, o tenta di praticarlo, ogni giorno.
Poi c’è l’ipocrisia del M5S che fa finta di non vedere il declino elettorale nel quale si è ampiamente avviato il movimento creato da Beppe Grillo. O meglio, qui più che di ipocrisia si tratta di confusione assoluta e di incapacità di vedere i problemi del Paese e la responsabilità che deve esercitare chi ha un ruolo fondamentale, almeno dal punto di vista numerico, nell’assetto parlamentare e nella tenuta del Governo. Un ruolo che obbliga il M5S a fare una scelta di fondo, strategica, sulle alleanze, a meno che non si scelga la via delle elezioni anticipate. Una riflessione più attenta va fatta anche sulle attese messe in moto a sinistra dal voto in Emilia Romagna ma sarà per la prossima volta. Per adesso mi fermo qui, sperando che con i tempi di Sanremo arrivi anche qualche chiarimento politico che consenta alla maggioranza di Governo di superare la litigiosità quotidiana e l’immobilismo percepito dal Paese.