Convocate le elezioni del Sindaco e del Consiglio Comunale per novembre le forze politiche pisane furono costrette a correre per individuare i candidati e stabilire le alleanze. Nello schieramento progressista era presente un dibattito sulla necessità di mettere in campo proposte aperte alla società civile per rimuovere una certa e ampia diffidenza che si avvertiva verso i partiti. All’interno di questa diffidenza si mescolavano sia una domanda di rinnovamento che un approccio semplificatorio e antipartitico, su cui alcuni nuovi soggetti politici fondavano pretese di rappresentanza non piccole. Ma il PDS, rivendicando pienamente il ruolo di forza principale dell’alleanza progressista, si prese la responsabilità di indicare una proposta competitiva e unificante per la candidatura a Sindaco.
Individuammo in Piero Floriani la personalità che corrispondeva a quella esigenza. Floriani era un uomo di sinistra, docente di letteratura all’Università, cattolico, iscritto al PDS. Una persona di valore sul piano morale e intellettuale, molto apprezzata in città. Quando chiesi a Piero la sua disponibilità lo trovai sorpreso e titubante. In primo luogo perché non aveva esperienza amministrativa e temeva di non essere in grado, e poi perché non sapeva come nella comunità da lui praticata, politica e religiosa, sarebbe stata presa la sua candidatura. Voleva evitare ogni interpretazione su una possibile strumentalizzazione della sua disponibilità. In quella fase il mondo cattolico era attraversato, sul piano politico, da diverse tensioni. La DC si era frantumata, era nato il PPI ma era ancora su una linea di contrapposizione verso la sinistra e i progressisti, e il Comune era un punto di conflitto. Concordammo di fare alcune verifiche. Chiesi un incontro all’Arcivescovo Alessandro Plotti. Ovviamente non per entrare nel merito della proposta ma per capire quale era la valutazione sullo stato della città e sulla ricerca di un clima di collaborazione sui problemi della comunità pisana. Fu un colloquio molto interessante dal quale ricavai l’idea che non esistevano pregiudizi verso la sinistra. Ne parlai con Floriani che comunque aveva maturato la decisione di accettare la proposta. Avvenne tuttavia un fatto, evidentemente volto a creare un problema all’Arcivescovo, che creò delle curiosità.
Il giorno dopo quell’incontro La Nazione pubblicò una foto della mia bicicletta parcheggiata in Arcivescovado accompagnata da insinuazioni sul significato della mia visita. Al tavolo dell’alleanza progressista la proposta avanzata dal PDS fu accettata da tutti e si concretizzò in una coalizione che comprendeva, insieme al PDS, Rifondazione Comunista, Verdi, Sinistra Oltre (La Rete+Alleanza Democratica), Unione per Pisa (laico-socialisti) e Lista Persone (messa su da Cavallaro, consigliere uscente socialista). Il centrodestra si unì intorno alla candidatura di Marco Tangheroni, stimato studioso e docente del Medioevo della nostra università e il Partito Popolare candidò Stefano Bottai. In totale i candidati a Sindaco furono otto e le liste quindici.
Fu una campagna elettorale dai toni moderati, nella quale i passaggi più aspri furono nella polemica tra il PDS e l’Unione Industriali, che contro la sinistra suonava la grancassa dell’accusa sul cosiddetto “sviluppo zero”. Uno dei temi prevalenti fu la preoccupazione per l’occupazione e il futuro di una serie di aziende del territorio pisano. A fine ottobre ci fu una grande manifestazione con i leader nazionali dei progressisti (D’Alema, Bertinotti, Paissan, Bordon) contro la legge finanziaria elaborata dal Governo Berlusconi, che si concluse in Piazza San Paolo all’Orto a cui intervenne anche il candidato Sindaco Floriani. Partecipò ad una iniziativa a sostegno di Floriani, insieme a D’Alema, anche il giornalista e pubblicista Gianpaolo Pansa, della quale ho ritrovato il resoconto stenografico.
Il 20 novembre, al primo turno, Piero Floriani fu eletto Sindaco con 33.321 voti, pari al 53,18%. Il PDS si attestò sul 29% e RC sul 13%, mentre sul fronte opposto Alleanza Nazionale raggiunse il 12% e Forza Italia l’11%. Determinante per la vittoria al primo turno fu il contributo delle liste che agivano sul “voto moderato”, come Persone e Unione per Pisa che raccolsero il 6% dei consensi. Un contesto che confermò il peso dei partiti anche se al centro del dibattito pubblico, non solo mediatico, c’era il malessere e la critica verso un sistema politico “inquinato dalla corruzione”, ma che paradossalmente alle elezioni politiche aveva dato a Berlusconi la patente del modernizzatore del Paese. Per questo la spinta al cambiamento si esprimeva preminentemente verso una richiesta d’impegno della “società civile”, che nel caso della elezione di Floriani si manifestò anche nella significativa differenza fra il voto alle liste e quello solo sul Sindaco. Piero prese 3.300 voti in più della coalizione. Ciò lo incoraggiò a scegliere per la formazione della Giunta persone che non avevano esperienza politica, utilizzando l’autonomia che la legge riconosce ai Sindaci. Cominciò quindi, in dicembre, una nuova stagione della politica pisana nel quadro di un contesto in movimento, che vide nascere di lì a pochi mesi, nelle elezioni regionali, i germi della costruzione del centrosinistra alternativo al polo di centrodestra messo in campo da Berlusconi.
E con il nuovo anno arrivò a conclusione anche il mio compito di segretario del PDS, durato sette anni, dei quali ho provato a raccontare i passaggi essenziali con una sintetica e parziale cronaca politica suggerita da appunti e materiali rimasti in un cassetto.
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