Con i miei ricordi, ovviamente parziali, basati su documenti e appunti lontani e riposti in un cassetto, siamo arrivati al 1994. Un anno nel quale ci fu un cambiamento profondo nel sistema politico italiano, scosso e logorato dall’inchiesta di “mani pulite”arrivò al voto nel mese di marzo con una nuova legge elettorale. Ci fu “l’entrata in campo” di Silvio Berlusconi che si propose come punto di aggregazione per l’elettorato moderato e conservatore che con la crisi della DC e del PSI e delle altre forze centriste aveva perso ogni riferimento. Mentre le forze che si richiamavano all’area progressista e di sinistra misero insieme una colazione che fu chiamata, con una buona dose di ironia, “carovana” e anche “gioiosa macchina da guerra”, composta dal PDS, PRC, Verdi, PSi, La Rete e Alleanza Democratica. Nel mezzo c’era il PPI (erede della DC) insieme al Patto Segni. Il clima a sinistra era quello di chi pensava di vincere, dato il naufragio delle forze che portavano sulle spalle il peso del fallimento certificato dalla crisi del sistema politico. Invece non fu così. Vinse Berlusconi e lo schieramento di sinistra ne uscì con le ossa rotte, sopratutto perché non fu capace di raccogliere consensi nell’area moderata degli elettori. Andò diversamente in gran parte della Toscana e nel territorio pisano.
Nella nostra Provincia i progressisti superarono il 51% con più di 144mila voti e a Pisa arrivarono al 47%, con un risultato all’interno della coalizione molto positivo del PDS che aumentò in voti (20.002) e in percentuale raggiungendo il 27.01 %. Nei collegi uninominali alla Camera vinsero i candidati progressisti: Mauro Paissan a Pisa, Maria Gloria Bracci Marinai a Cascina e Giovanni Brunale a Volterra; e al Senato Salvatore Senese a Pisa e Umberto Carpi a Volterra. Sulla base di questo risultato positivo Il PDS pisano rilanciò subito il tema del governo locale chiedendo di andare al voto al più presto. Infatti l’esito del voto diceva chiaramente che le forze della maggioranza in Consiglio Comunale ormai rappresentavano a malapena il 15% degli elettori Pisani. Contestualmente si chiedeva a tutti i soggetti dell’alleanza progressista di avviare un lavoro comune in vista delle elezioni amministrative con l’obiettivo di far crescere una proposta vincente per il Comune.
Non fu un confronto semplice perché alcune forze come La Rete e Alleanza Democratica sostenevano l’idea che la guida dello schieramento doveva prenderla la società civile e non i partiti, visti comunque, tutti, come parte del vecchio sistema coinvolto in “tangentopoli”. Però i numeri del voto dicevano che nel nostro territorio senza il PDS era impossibile costruire una proposta credibile e praticabile. Mentre nel campo del centrodestra a Pisa la novità fu la posizione che prese il Presidente dell’Unione Industriali, Carlo Alberto Dringoli, che richiamò esplicitamente “le forze alternative al polo progressista a unirsi in vista delle prossime elezioni amministrative al Comune di Pisa”.
Ma intanto permaneva al governo dell’Amministrazione Comunale una Giunta minoritaria nell’opinione pubblica e non in grado di assicurare una gestione adeguata della macchina amministrativa. Ovviamente la pesante sconfitta a livello nazionale provocò una seria discussione anche nella nostra realtà, a partire da una riflessione critica sulla linea seguita negli ultimi mesi e sull’analisi della situazione economica e sociale del Paese. Ma alle porte c’erano le elezioni europee convocate per giugno e sostanzialmente il dibattito fu contenuto e rinviato. Inevitabilmente riesplose con forza dopo il voto europeo del 12 giugno, in cui il PDS scese sotto il 20% perdendo più di un milione e mezzo di voti rispetto alle elezioni politiche di marzo. La prima conseguenza furono le dimissioni di Achille Occhetto da Segretario del PDS.
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