In agosto fu varata la nuova legge elettorale per il Parlamento, il sistema cosiddetto Mattarellum, con i collegi uninominali e con un meccanismo prevalentemente maggioritario. Ciò aprì di fatto la strada alla spinta verso l’anticipazione delle elezioni politiche, anche e soprattutto per dare una risposta al clima di sfiducia verso la politica e le istituzioni che aveva preso corpo nel Paese. Il voto rappresentava un passaggio essenziale per rilegittimare il Parlamento. Più o meno era la stessa cosa per i comuni: l’elezione diretta dei sindaci aveva creato nuove aspettative e verosimilmente rendeva possibile una maggiore stabilità nelle amministrazioni locali. Infatti in autunno erano previste le elezioni amministrative in importanti città come Roma, Napoli, Venezia, Genova, Trieste, Palermo e molti altri comuni. Si trattava di una scadenza significativa per capire gli umori del Paese in una fase caratterizzata dal disfacimento del vecchio assetto politico con lo sgretolamento del PSI e della DC e della credibilità dei partiti.
A Pisa il PDS accentuò la sua battaglia di opposizione verso la Giunta Cortopassi fin dagli inizi di settembre, in occasione della festa provinciale de l’Unità che “emigrò” per la prima volta a Asciano Pisano a causa della mancata concessione dell’area della Cittadella. I consiglieri comunali del PDS, raccogliendo una sollecitazione di Alleanza Democratica, si dichiararono disponibili a dare le dimissioni dal Consiglio per anticipare il voto amministrativo con le nuove regole. La motivazione era quella di dare alla città, nei tempi più rapidi possibili, una maggioranza solida e un Sindaco in grado di portarla fuori dall’immobilismo. Con le dimissioni della metà più uno dei consiglieri in carica si sarebbe prodotto “l’autoscioglimento” con l’inserimento di Pisa nella tornata elettorale amministrativa programmata per il 21 novembre. Su questa proposta c’era la disponibilità, oltre che del PDS, dei Verdi, di Rifondazione Comunista e del neonato gruppo di Rinascita socialista. In totale 24 consiglieri sui 26 che erano necessari.
Per stemperare la polemica con il PSI fu messa in campo la stessa proposta per la Provincia dove PDS e PSI governavano insieme. Ma i rapporti politici erano molto logorati e le diffidenze crebbero anche in relazione ad alcuni avvisi di garanzia che raggiunsero esponenti della Giunta comunale. Il pentapartito (diventato quadripartito per l’uscita del PRI) che sosteneva la Giunta decise comunque di andare avanti, disattendendo peraltro molti impegni a partire da quelli sul piano del traffico e escogitando la possibilità di realizzare un parcheggio nell’area della Stazione Leopolda, contro il parere della Soprintendenza e soprattutto dei cittadini del quartiere. In un clima politico cittadino acceso, confuso e assai incerto si arrivò in novembre all’annuncio del Sindaco e della Giunta che nonostante le inchieste che toccavano alcuni assessori loro restavano al loro posto. Ma nell’occasione fu indicato un termine al loro mandato “per la prossima primavera”, ammettendo con ciò l’insostenibilità della situazione di non governo della città. Il PDS definì la scelta delle mancate dimissioni del Sindaco e della Giunta comunale come una “soluzione indecente”. Curioso rileggere su quel passaggio due commenti diametralmente opposti dei responsabili delle redazioni locali del Tirreno e de La Nazione.
Tuttavia la Federazione del PDS in quei mesi avviò una iniziativa articolata di incontri e di proposte sul piano delle alleanze politiche e sociali nel territorio, finalizzate alla costruzione di una alternativa credibile per il comune di Pisa. Con le vittorie nei ballottaggi di dicembre di Bassolino a Napoli, Rutelli a Roma, Cacciari a Venezia, Orlando a Palermo, arrivò una consistente spinta alla fiducia e alla convinzione di poter cambiare le cose attraverso una nuova aggregazione progressista. Inoltre il confronto si prefigurava come necessario anche in vista delle elezioni politiche previste per i primi mesi del 1994.
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