Stamattina, anche a Pisa, una grande e bella manifestazione di ragazzi e ragazze sul tema del cambiamento climatico, ovvero della salvaguardia del futuro del pianeta. In rete e un po’ nei telegiornali abbiamo visto le immagini delle imponenti mobilitazioni avvenute nelle grandi città in Italia e in Europa. Vedere tante giovani facce che partecipano ad un evento carico di contenuti e di valori primari fa indubbiamente molto piacere, e i sorrisi che si leggevano sui volti di persone appartenenti a generazioni più avanzate di età alludevano certamente a una nuova speranza. Un’aria che si respirava nel corteo, accompagnata però anche dal l’interrogativo sulla tenuta e sullo sbocco di questo movimento. Il fatto che non ci fossero riferimenti alle vicende politiche attuali e ai suoi protagonisti ma tanti cartelli con parole d’ordine di carattere ambientale in fondo è un bene, perché spinge a riflettere su un tema così grave come quello del cambiamento climatico senza cadere subito nelle tifoserie politiche. Ma il punto è come rendere più netta, drastica e rapida questa riflessione, dato che l’allarme è serio e argomentato, e ci dice che di tempo per evitare la catastrofe non ne abbiamo molto. Ciò ovviamente comporta uno sbugiardamento delle tesi negazioniste o minimizzatrici sostenute da Trump e in genere dai sovranisti di destra. Ma i dati, i fatti e le immagini parlano chiaro, basta guardare allo scioglimento dei ghiacciai, fenomeno assai difficile da definire come temporaneo. La consapevolezza di questo problema è certamente cresciuta e nella politica in molti vi fanno riferimento. Tuttavia l’impressione è che ci sia uno scarto fra la presa di coscienza del problema e le azioni e i tempi necessari per affrontarlo. Anzi, pensandoci bene, l’impressione è che manchi una seria analisi di ciò che deve cambiare per incidere davvero e invertire una tendenza dagli effetti devastanti. Non si tratta solo di attuare politiche più attente e meno dispendiose sul piano energetico e delle emissioni, così come sul piano della produzione e utilizzazione della plastica, ma si tratta di modificare il modello di sviluppo e di consumi su scala mondiale. Con le dovute gradualità certamente, ma è evidente che si tratta di mettere in discussione e cambiare il modello economico capitalistico così come funziona adesso, in Occidente come in Asia o in Russia o in America Latina. Ecco, pensandoci ancora su, viene da dire che questa è la vera rivoluzione del duemila, quella in difesa delle condizioni ambientali del pianeta, che ha dalla sua il fatto che se non si fa, oppure si perde, è il futuro di tutti che va a ramengo. Non è una parte che vince sull’altra ma la sconfitta è generale. E questo riguarda in modo drammatico le nuove generazioni.
Eppure ci sarà chi, in nome dello sviluppo economico e del benessere, magari distribuito con più equità (e sarebbe già un passo avanti..), sosterrà che certi meccanismi, fondati sul massimo sfruttamento delle risorse e sulla rendita finanziaria non si possono cambiare, pena l’impoverimento generale. Allora bisogna essere capaci di far capire e di battersi, ancora di più oggi, contro le diseguaglianze, perché una nuova coscienza ambientale e un mutamento dell’assetto economico e sociale sono due facce dello stesso problema e si tengono l’una con l’altra.
Purtroppo questa bella giornata di mobilitazione giovanile è stata in parte offuscata dal terribile assalto alle due moschee in Nuova Zelanda, in cui sono state uccise 49 persone intente a pregare. L’assassino è un fanatico razzista, xenofobo e fascista, come si auto definisce, simpatizzante di Trump e dei sovranisti anti-islamici. L’alimentazione di questo fanatismo deriva chiaramente dall’odio che viene seminato a piene mani dalla destra contro il diverso in ogni parte del mondo. Anche da noi. Lo abbiamo visto in diversi episodi. Eppure non mancano quelli che da un lato esasperano la paura per proporre cultura e misure forcaiole e, nello stesso tempo, sminuiscono la gravità di atteggiamenti discriminatori e talvolta violenti che vengono da destra, sia fascista che leghista. Ma dal clima politico che stiamo vivendo non mi sembra che siano molti coloro che si preoccupano, almeno per adesso. Chissà, forse ha ragione Oliver Guez che ha scritto nel suo libro “La scomparsa di Josef Mengele” una frase che dovrebbe far pensare: “Ogni due o tre generazioni, quando la memoria si affievolisce e gli ultimi testimoni dei massacri precedenti scompaiono, la ragione si eclissa e alcuni uomini tornano a propagare il male”. Questa citazione l’ho presa dal calendario letterario dell’editore Neri Pozza, stampata proprio sul giorno 15 marzo 2019. Una inquietante coincidenza con la strage in Nuova Zelanda.