Solo pochi giorni fa, nell’ultimo taccuino, rammentavo l’esigenza di non abbassare la guardia verso il ritorno di gesti e di orientamenti antisemiti, insieme alla crescita di episodi e comportamenti di tipo razzista. Ed ecco che nel Consiglio Comunale di Pisa un rappresentante della Lega si distingue, restando seduto, durante il minuto di silenzio in memoria delle vittime della Shoah. Poi in una intervista, il medesimo, si esalta ricordando il suo ruolo nella battaglia contro la Moschea e consigliando la lettura di Mein Kampf. Il Sindaco e la maggioranza di destra prendono molto timidamente le distanze dal consigliere, senza peraltro chiederne le dimissioni, segnalando in questo modo una ambiguità di fondo che preoccupa. Il Tirreno di ieri ci informava che lo stesso giorno, il 27 gennaio giornata della memoria, alcuni fascisti toscani si sono presentati con divise delle SS sull’Appennino emiliano, in luoghi dove furono fucilate dai nazisti alcune decine di persone, in gran parte donne e bambini. Ed è di pochi giorni fa il volantino di minacce al circolo del PD di Pisanova sulla questione della Moschea. Questione, tra l’altro, che mette in discussione la salvaguardia di un principio costituzionale centrale come quello del rispetto e della tutela della libertà religiosa.
Tutto ciò non avviene per caso ma è frutto di un clima politico e sociale, che va dalla semina della paura all’incitazione all’odio verso l’altro da te, fino alla predicazione del “prima gli italiani”. Colpisce, purtroppo, là fragilità culturale e civile di tante persone che cedono al risentimento sociale e cadono nella trappola della propaganda populista. E qui c’è senz’altro un problema di riflessione che attiene anche ai limiti o agli errori nell’azione del centrosinistra negli ultimi quindici anni. Ma tuttavia, qualsiasi sia la valutazione, oggi non possiamo e non dobbiamo rinunciare a difendere e rilanciare i valori che stanno alla base della nostra democrazia repubblicana, a partire dall’antifascismo. Valori che comprendono la piena tutela dei diritti umani. Per questo bisogna guardare positivamente a tutte le iniziative che vanno in questa direzione, come quella di sabato 2 febbraio, L’Italia che Resiste, autopromossa da cittadini e associazioni. Poi, il 2marzo, ci sarà la manifestazione antirazzista nazionale a Milano.
Le notizie del giorno ruotano soprattutto su due problemi. Quello della situazione economica che segnala un peggioramento e il Presidente del Consiglio Conte ha preso atto che il Paese si trova in una fase di recessione, mentre una settimana fa il vice Luigi Di Maio aveva affermato che si stava entrando in un “nuovo boom economico”. Ora, Di Maio e lo stesso Salvini, si aggrappano ad una lettura contraddittoria dei dati dell’Istat per dire che le cose non vanno male. E sicuramente i provvedimenti principali sui quali hanno scommesso, reddito di cittadinanza e quota cento, non sono in grado di rilanciare la crescita. Sempre che funzionino, visto l’alto tasso di confusione con cui sono stati varati. Quindi la domanda è per quanto tempo potrà reggere il Paese inchiodato sulla propaganda e bloccato da una campagna elettorale permanente. Nel solo 2017 più di 60mila giovani italiani, tra i 18 e i 39 anni, hanno lasciato l’Italia e si sono trasferiti in altri Paesi per cercare fortuna (o un lavoro qualificato). E non perché il lavoro gli è stato rubato dagli immigrati. In realtà pesa uno stato di sfiducia profonda sulla possibilità di un miglioramento delle aspettative di crescita sociale e di occupazione. Una assenza di prospettive per il futuro. Il problema è che nella situazione attuale mancano proposte credibili e gli sbocchi del malessere possono essere ancora più devastanti. L’altro tema della discussione di queste ore è quello del caso Salvini, ovvero sulla richiesta dell’autorizzazione a procedere da parte della magistratura sulla vicenda della nave Diciotti. Il punto centrale, dopo che Salvini ha fatto marcia indietro sulla sfida processuale, è l’atteggiamento del M5S che adesso si trova intrappolato fra il proprio moralismo giustizialista e la tenuta del Governo. E la loro “ragione politica” li porterà ad escludere lo strumento che tanto hanno declamato: quello di far decidere i loro iscritti sulla piattaforma Rousseau. Come volevasi dimostrare la loro democrazia diretta si ferma alle decisioni di una ristretta oligarchia del movimento. Anche questa è una dimostrazione dell’ipocrisia che alligna in una grande parte del nostro sistema politico e nei suoi protagonisti più recenti.