Ieri sera la commissione Affari Costituzionali ha approvato il testo della legge elettorale che da oggi arriva in aula. Da domani iniziano i voti e alla Camera non sono possibili sorprese. “L’accordone” tra Renzi, Berlusconi, Grillo e Salvini consente una blindatura ferrea alla approvazione della legge. Come è evidente il modello approvato è fatto su misura per le più grandi formazioni politiche attuali, con l’intento chiaramente enunciato di semplificare il sistema politico attraverso lo schiacciamento dei “piccoli partiti”. Per buttare un po’ di fumo su una operazione rispondente alle logiche di potere del momento e alle convenienze di alcuni leader, anziché ragionare su quale sistema serva di più per ricostruire il rapporto di fiducia fra la politica e i cittadini, si è parlato di modello tedesco. Ma ciò non corrisponde alla realtà. Nel modello tedesco esiste un equilibrio diverso basato sulla sfiducia costruttiva e sulla organizzazione federale che garantisce il rapporto fra rappresenta e governabilità. E nelle elezioni gli elettori hanno a disposizione due voti distinti: con uno scelgono il candidato nel collegio uninominale e con l’altro il partito. Si chiama voto disgiunto, come avviene da noi nei Comuni. La differenza con il modello approvato da noi è sostanziale, perché il testo in discussione prevede una sola scheda in cui non è possibile scindere il voto al candidato nell’uninominale da quello del partito, che si porta con sé il listino dei candidati nel proporzionale, ovviamente con un capolista di fatto. Dunque si tratta di un modello che ripropone pienamente la logica dei “nominati”. Avremo quindi un Parlamento composto da rappresentanti scelti dai vertici dei partiti e non dagli elettori. Ed è questa la cosa a cui tengono di più Renzi, Grillo e Berlusconi: avere il potere di decidere, in grandissima parte, chi sarà in Parlamento. Questo è il vero cemento di un accordone che consente a Renzi e Grillo di dire che non è la legge che preferiscono (clamorosa è la smentita con conseguente retromarcia del M5S sui nominati) ma permette di votare subito e a Berlusconi di sfuggire all’abbraccio di Salvini e creare le premesse per l’alleanza di governo con Renzi.
Ciò che si sta delineando è un quadro assai preoccupante per il futuro del Paese, perché, appunto, l’unica prospettiva possibile, sulla base dei sondaggi odierni, o è quella di un governo PD-Forza Italia oppure di nuove elezioni in tempi rapidi. Un quadro che prepara un grande futuro per Grillo e Salvini. Questo a bocce ferme. Per modificare il quadro è quindi essenziale che alle elezioni si presenti una lista di sinistra aperta, un nuovo centrosinistra come lo ha chiamato Pisapia, in grado di superare lo sbarramento del 5% e di conquistare una posizione che può rompere i giochi centristi in atto. Una lista che potrà avere successo se tiene insieme l’esigenza di rappresentare con chiarezza una alternativa di fondo allo stato delle cose presente, sul piano politico e su quello economico e sociale, con quella di proporsi come soggetto che ha l’obbiettivo e l’ambizione di concorrere al governo del Paese, in una Europa da riformare. Le condizioni ci sono. Spetta a noi, a Articolo UNO, a Campo progressista, alla sinistra, lavorare con coerenza, determinazione e logica inclusiva, per costruire le condizioni di questa prospettiva. Un primo passaggio, nei prossimi giorni, è quello di rendere evidente la forzatura inaccettabile attuata dal PD sulla vicenda dei voucher e di sostenere la battaglia della Cgil contro lo scippo del referendum perpetrato con l’emendamento alla cosiddetta manovrina. Dietro a questa operazione c’è l’obbiettivo della più totale deregolamentazione e decontrattualizzazione del mercato del lavoro. La cancellazione del concetto di “dignità del lavoro” contrabbandato come lotta al lavoro nero. L’idea che l’economia si rilancia solo riducendo il costo del lavoro e comprimendo le condizioni e i diritti dei lavoratori. Per questo è importante andare in piazza e partecipare alla manifestazione del 17 giugno a Roma.