Anche questa settimana politica si sviluppa sul tira e molla fra Salvini e Di Maio, con quest’ultimo in evidente difficoltà per le contrapposizioni che si vanno formando nel M5S. Ma ci può fare poco, visto il vicolo cieco in cui si è infilato il movimento grillino.
Però anche dal PD di Zingaretti faticano ad arrivare segnali convincenti di ripresa dell’iniziativa politica. Il “caso Lotti” ha certamente appesantito il rapporto con l’opinione pubblica e la reazione è stata debole, facendo emergere un condizionamento interno ancora legato alle logiche correntizie. Ora si tratta di vedere se con la formazione della nuova segreteria verranno avanti novità significative. Tuttavia, come si percepisce dal clima politico, e anche dai sondaggi, il PD e la sinistra non sono propriamente in una fase di ripresa espansiva. C’è un certo recupero di consensi motivato dalla preoccupazione per l’avanzata della destra, ma siamo ben lontani dalla spinta necessaria per affermare l’idea e l’esigenza di una alternativa alla situazione attuale. E questo vale, a mio parere, non solo per le forze politiche e i loro gruppi dirigenti, ma anche per l’area elettorale e di opinione del centrosinistra e della sinistra tutta. Certamente non è facile fermare il vento che soffia nelle vele della destra che viene, come dice Gipi nel libro di Allegranti: “dalla crisi economica, non c’è bisogno di ridirlo, ma secondo me viene tantissimo anche dai media… e dalla narrazione che hanno fatto per anni, che è quella che ha portato all’antipolitica totale”. Ovviamente con un contributo significativo che è arrivato anche da molti esponenti del centrosinistra. Mi è tornato in mente Gipi perché in questo periodo è allestita una bella mostra sul suo lavoro al Palazzo Blu, che merita di essere vista. Ma quello che voglio dire è che c’è stato un cedimento culturale sul piano dell’eccesso di individualismo e della personalizzazione della politica che, di fatto, ha spinto la sinistra su un terreno lontano dalla rappresentanza degli interessi dei ceti sociali più colpiti dalla crisi e più deboli. Tanto che, con una semplificazione, oggi sinistra e centrosinistra vengono percepiti come la rappresentanza dei benestanti, o comunque i garantiti. E, forse, in una certa misura lo sono. Ecco, mi chiedo, se la risposta alla domanda sul perché, di fronte all’avanzata di una destra arrogante e pericolosa per la democrazia a sinistra c’è così tanto fiacca, deriva da un certo adagiarsi sui propri interessi personali. Chissà, è probabile, ma se a sinistra si smarrisce l’idea che la “libertà è partecipazione” i tempi possono diventare davvero bui.
L’altro punto che voglio toccare è quello dell’allarme sul cambiamento climatico. Anche nei giorni scorsi abbiamo visto alcuni fenomeni inusuali per questa stagione. Non il caldo ma certamente le super grandinate sì. Ma la cosa più chiara sono gli studi e le immagini sul veloce processo di restringimento dei ghiacciai, che porta alcuni studiosi a descrivere scenari apocalittici. In questo contesto permangono posizioni negazioniste irresponsabili, mentre sarebbe necessario una grande e diffusa presa di coscienza, sostenuta da politiche concrete di contrasto verso i fattori che favoriscono il surriscaldamento del pianeta. Ciò significa operare per modificare il modello di sviluppo e di consumi dominante. Una sfida difficile e complicata ma che ha bisogno innanzitutto di una affermazione di consapevolezza della gravità del problema. Per questo era ed è utile una iniziativa per dichiarare “lo stato di emergenza” ambientale e climatica anche sul piano parlamentare. Ma purtroppo, per ora, la maggioranza Lega e M5S resta del tutto sorda e contraria a questa iniziativa. Ma anche sul piano delle azioni concrete, delle scelte che incidono sul governo del territorio e sulle emissioni nell’aria, faticano ad affermarsi politiche attente e coerenti con quella consapevolezza. Per esempio: sul piano della mobilità si dice che sono nocivi gli scarichi delle auto e degli aerei e che bisogna agire per ridurli dando la priorità allo sviluppo della mobilità su ferro. Però si fanno le infrastrutture che favoriscono, guarda caso, la mobilità su gomma e lo sviluppo del traffico aereo. E non ci vuole molto a capire che mi riferisco anche alla vicenda del nuovo aeroporto di Peretola, che per qualcuno sta diventando il problema centrale del “futuro della Toscana”. Ma allo stesso tempo ci si preoccupa dell’eccesso di turismo che sta minacciando città come Venezia e Firenze e, curiosamente, si dice che la nuova pista, con nuovi e più grandi aerei, non deve portare ulteriori turisti su Firenze. Ma non vi sembra che in tutto questo ci sia tanta ipocrisia e un che di paradossale?