Ieri pomeriggio abbiamo ricordato Enrico Berlinguer, a trentacinque anni dalla morte, con la presentazione del libro “Vita trascorsa, vita vivente” scritto da Susanna Cressati e Simone Siliani. Niente di nostalgico ma semmai un ragionamento sul lascito politico e culturale del pensiero e dell’azione di Berlinguer. Sulla sua “eredità” ci sono diverse interpretazioni, serie e meno serie, e anche, talvolta, forzature strumentali soprattutto legate alla politica di scarso respiro. Si può capire data la forza e il rilievo del personaggio che ancora viene ricordato con tanto rispetto e affetto. Ma per un giudizio obbiettivo, fondato, rispondente al criterio del valore dell’autonomia intellettuale di ciascuno, penso abbia ragione Aldo Tortorella quando dice che la cosa migliore da fare per giudicare Berlinguer è leggere i suoi scritti e i suoi interventi, senza cadere nella tentazione di etichettarlo in funzione della stagione politica attuale. Certo nel suo pensiero, espresso in un contesto politico molto diverso da quello odierno, c’erano cose che guardavano al futuro e sulle quali la sinistra è forse arrivata con ritardo, o non è arrivata. Di questo sarebbe probabilmente utile discutere. Ma intanto ieri sera, rientrando dall’iniziativa, ho visto su Rai 3 le immagini dei funerali di trentacinque anni fa e sono passate anche quelle del gonfalone del Comune di Pisa che entrava in Piazza San Giovanni tra le bandiere rosse. E ogni volta che rivedo le immagini di quel funerale si rinnova una certa emozione.
Comunque, per parlare di colori e di bandiere, compresa quella rossa con la croce pisana, proprio in questi giorni abbiamo assistito, a Trieste e nella nostra città, ad un vero tripudio. La promozione in serie B è stata salutata con una grande festa all’Arena Garibaldi e sui Lungarni. Io ho seguito con gioia e divertimento la particolare “felicità” dei bambini. E da cittadino tifoso guardo con speranza e qualche ambizione al prossimo campionato.
Domenica scorsa poi è successo, sul piano politico e nella vita amministrativa di molti comuni, anche qualcos’altro. Si tenevano i ballottaggi e ci eravamo augurati un risultato positivo per i candidati sindaci di centrosinistra. Nella nostra Provincia così è stato: il centrosinistra ha vinto a Pontedera, Ponsacco e San Miniato. La destra leghista invece, con annessi e connessi, è rimasta al palo. Un buon segnale dopo i Comuni vinti al primo turno, che conferma anche il peso del buon governo locale. Dai numeri si può evincere chiaramente che il timore per l’avanzata della destra ha funzionato per compattare l’elettorato di sinistra. Significativa e importante è anche la vittoria a Livorno, che ha chiuso l’intermezzo grillino segnato da una deludente prova amministrativa, come del resto è avvenuto in quasi tutti i comuni guidati da sindaci del M5S. Non così bene è andata in altre parti d’Italia, dove la Lega di Salvini ha mantenuto una capacità espansiva. Tuttavia starei attento ad una lettura del voto troppo ottimistica, anche per la Toscana. In particolare il dato di Piombino, città rossa da sempre, operaia per eccellenza, ferita pesantemente dalla crisi e dal malessere sociale dei ceti più deboli, deve far riflettere. Se la destra vince dove è prevalente l’insediamento sociale, che dovrebbe essere il punto di riferimento primario della sinistra, c’è di che pensare. Ecco questo è, a mio parere, il punto principale su cui ragionare. Lo ripeto, molto più dei discorsi sulla litigiosità, sulle divisioni della sinistra e sulle chiacchiere relative alle alleanze e sul “si vince al centro”. Il tema di fondo è capire perché gli operai, i disoccupati, gli esclusi si sentono traditi dalla sinistra e votano Salvini o il M5S. E insieme discutere su come sia possibile recuperare la credibilità persa. Perché senza credibilità i voti non tornano, nemmeno quelli degli astenuti.