È iniziata una settimana importante alla Camera. In aula è arrivata la legge sul testamento biologico. In realtà si chiama DAT (Dichiarazione anticipata di trattamento) e non va confusa con l’eutanasia o il suicidio assistito come sostengono i nemici della legge per creare una opposizione artificiosa. Nella sostanza si tratta di permettere a chi lo vuole di dichiarare in piena coscienza se o come vuole essere trattato se gli capita di finire in una condizione di totale dipendenza dalle cure per poter rimanere in vita. Si tratta di un passo verso la civiltà già in vigore da tempo nei principali Paesi occidentali e di una corretta attuazione della nostra Costituzione che parla della inviolabilità della libertà personale, anche quando si tratta di terapie sanitarie. Su questi temi abbiamo fatto una bella e approfondita discussione nell’iniziativa di venerdì scorso alla Leopolda. Ma nonostante la moderazione del testo che arriva al voto, frutto di anche di mediazioni, dal fronte ampio del centrodestra arrivano segnali di battaglia per rinviare la legge. Con molto centro e forse con un po’ di centro sinistra. Vedremo quale forza avrà questa resistenza nei prossimi giorni. Io mi auguro che ci sia chiarezza e fermezza in tutto il centrosinistra per andare avanti, e senza accettare proposte di emendamento che indeboliscano un testo già troppo timido.
Oggi nella Sala Aldo Moro a Montecitorio abbiamo presentato il libro “Gabbie”, frutto del laboratorio di scrittura che coinvolge direttamente detenuti del Carcere Don Bosco. Sono venuti a Roma i promotori, insieme agli editori di MdS e agli educatori che operano nel carcere. L’intervento centrale è stato quello del Ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha dimostrato un’attenzione non formale verso il progetto, importante per la realizzazione di quella “effettività rieducativa della pena” molto enunciata ma poco praticata. Comunque una occasione significativa per parlare dei limiti e dei ritardi del sistema carcerario, della condizione dei detenuti e dei problemi che incontrano tutti gli operatori, agenti compresi. Delle gravi carenze strutturali ha parlato il Direttore del Don Bosco dichiarando la insostenibilità della situazione attuale. Tuttavia il discorso di Orlando, insieme alla consapevolezza dei problemi, ha affrontato il tema con il respiro che richiede una reale azione di rinnovamento nell’agire su una questione che “rappresenta la cifra di misura del rapporto fra lo Stato e le persone”. Tutto è stato seguito da Radio Radicale e dal suo direttore Alessio Falconio. Mi sembra sia stata una bella iniziativa.
Quanto ai commenti sulla situazione politica dopo il Lingotto del PD e l’assemblea promossa a Roma per il lancio del “Campo Progressista” mi limito a citare alcuni passaggi del discorso di Pisapia, dato che nella confusione di linee emersa a Torino non sono mancati tentativi di utilizzarlo in funzione polemica contro il neonato Movimento dei democratici e dei progressisti. Ecco di seguito, i virgolettati di Pisapia: “Spero che chi ha subito delle sconfitte, poi faccia delle riflessioni”; “per un centrosinistra fondato su una forte discontinuità nel metodo e nel merito”; “che le alleanze con Alfano e Verdini non sono compatibili con il nuovo centrosinistra”; “chi parte dai datori di lavoro e non dai lavoratori, non è di sinistra”. Mi fermo qui, pensando che Renzi ha nuovamente riproposto come esempio di bene per il Paese quel Sergio Marchionne che non paga le tasse in Italia ma all’estero. Chissà se era una risposta a Pisapia. Comunque si può dire che dal Lingotto, pur nell’assoluta assenza di proposta politica, ne è uscita una seria riflessione su ciò che è avvenuto nelle recenti elezioni amministrative e nel referendum del 4 dicembre. In sintesi: niente, non è successo niente. Infatti non se ne parla più! Noi invece ne vogliamo parlare, a partire dalla questione della legge elettorale che, per raccogliere la domanda di rappresentanza emersa dal referendum, deve abolire decisamente la norma sui capolista bloccati. Un Parlamento formato da una grande maggioranza di “nominati” e non da scelti dagli elettori, magari attraverso piccoli collegi uninominali, sarebbe un colpo enorme e devastante alla democrazia parlamentare.