di TOMMASO STRAMBI (La Nazione Pisa)
LA POLITICA, ormai, è fibrillazione continua. A Roma come a Pisa. Con il Pd che ha appena terminato i congressi e prova a cercare un dialogo con Mdp, sebbene i suoi colonnelli finiscano per sparare anziché portare ramoscelli di ulivo. Come l’ultimo affondo lanciato da Antonio Mazzeo all’ex sindaco Paolo Fontanelli. Ed è proprio il questore della Camera che incontriamo sul treno verso la capitale.
Com’è Pisa vista da Roma?
«Bella. Con i suoi guai, certamente. Ma ricca di attività, di interessi, di potenzialità. Però fa fatica a trovare la coesione sociale e civile necessaria per governare una fase difficile come quella stiamo vivendo. Un compito che è di tutti, dalle istituzioni, alle forze politiche e sociali, fino ai cittadini. Il tema è quello fondamentale delle condizioni di una convivenza rispettosa dei diritti e dei doveri di ciascuno sulla base di un forte riconoscimento del valore dei beni pubblici, che sono tutti e non di nessuno».
Lei insiste sul candidato civico, ma non si doveva partire dai programmi?
«Io continuo a pensare che si deve partire dai problemi della città e della visione sul suo futuro. E il primo punto è quello di recuperare un rapporto di fiducia e partecipazione fra l’amministrazione e i cittadini. Il candidato, civico o politico che sia, deve venire fuori da questo percorso e non dai vertici dei partiti».
Università, turismo, industria 4.0. Possono essere i volani dello sviluppo?
«Si, e in parte lo sono stati in questi anni. Pisa ha retto meglio alla crisi rispetto ad altre città perché è una realtà di grandi e qualificati servizi pubblici . La sua struttura economica si regge su questo. Ma per il futuro bisogna puntare di più sulle potenzialità del turismo e dell’innovazione, a partire dalle applicazioni della ricerca».
La crisi di Ryanair può avere conseguenze per la città?
«Non lo so, spero di no. Una cosa è sicura: che i programmi di Ryanair seguono i suoi interessi e se altri scali diventano praticabili e appetibili fanno presto a cambiare le rotte. Tenuto conto che le distanze fra i tanti aeroporti italiani sono assai inferiori rispetto a quelle di altri Paesi europei».
Noi, ora, abbiamo il People Mover?
«Penso che sia un’opera importante se recuperiamo il senso progettuale iniziale e che adesso sembra smarrito. L’obbiettivo era portare già alla stazione centrale la proiezione dell’aeroporto, sviluppando la priorità della mobilità con il treno anziché su gomma, alleggerendo il traffico di auto e bus in città e sullo svincolo per la superstrada. Per questo si pensò anche al grande parcheggio scambiatore. Doveva servire, oltre che per i turisti, per i pendolari verso Firenze e per ridurre gli accessi in auto in centro. Ma le scelte sono andate in direzioni diverse e ora si avvertono le difficoltà e i rischi che possono scaricarsi sulla comunità pisana».
Cosa è stato sbagliato?
«Accettare il disimpegno di Toscana Aeroporti e attenuare la funzione dello scambiatore. Ha pesato la privatizzazione dell’aeroporto e le sottovalutazioni degli Enti Pubblici. Anche una vicenda che crea forti tensioni sociali, come quella delle esternalizzazioni di una serie di servizi che preoccupa e allarma centinaia di lavoratori, avrebbe avuto un quadro di riferimento differente da quello attuale se la società restava sotto il controllo della Regione e degli Enti Locali».
Allora cosa suggerisce di fare?
«Credo che i soci pubblici rimasti in Toscana Aeroporti, seppure in minoranza, debbano chiedere chiarezza e comunque agire per rivedere i termini della utilizzazione dello scambiatore. In primo luogo bisogna evitare che i costi del People Mover ricadano sui cittadini pisani, quindi occorre pensare alla utilizzazione di almeno una parte del parcheggio per gli utenti dell’aeroporto».
Come immagina la città tra 30 anni?
«La immagino come una città più tranquilla e sicura, che ha sviluppato ulteriormente la qualità delle sue attività e della vita dei suoi abitanti, con meno traffico e più aree pedonali e piste ciclabili, e con una offerta culturale più forte, in grado di attrarre turismo qualificato e incentivare la residenzialità delle famiglie. Le idee e i progetti per farlo ci sono da tempo, penso innanzitutto al recupero del Santa Chiara come da progetto Chipperfield. Per farlo la parola d’ordine principale dovrà essere quella del recupero e del riuso degli spazi abbandonati o degradati».
In città si dice che Lei porti il Pd al pascolo e che poi alla fine correrà da solo…
«Questa immagine mi mancava. È divertente, ma non porto a spasso nessuno. Cerco di dare una mano a partire dalla preoccupazione largamente diffusa del rischio che il centrosinistra possa perdere il governo della città. Nell’aria si avverte, come abbiamo visto alle recenti elezioni comunali, un vento che mischia malcontento e domanda di cambiamento. Per questo non abbiamo bisogno di un pascolo tradizionale, controllato da pastori che devono mettersi d’accordo fra di loro, ma è necessario un pascolo più movimentato e fantasioso, per non consegnare la città al centrodestra. Bisogna riattivare un rapporto con la società pisana».
Realacci o Serfogli?
«Noi di Articolo UNO abbiamo proposto un percorso che metta al centro il rapporto con la città, nelle due diverse articolazioni e con i suoi problemi, e su questa base arrivare all’individuazione di possibili candidature. Per questo non accettiamo di parlare di nomi adesso. Se il PD o altri vogliono farlo, e purtroppo alcune forze della maggioranza lo hanno già fatto, sono liberi di fare le loro scelte, purché non vengano a dire che siamo noi a dividere e ad aprire la strada al centrodestra o ai cinque stelle».
Il link all’intervista di Tommaso Strambi
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