In queste ore al centro dei commenti e del dibattito giornalistico e politico c’è la vicenda di Macerata, e con essa il tema dell’odio che fomenta e genera violenza come è avvenuto con gli spari contro gli immigrati e, in altro modo, con lo “sgozzamento virtuale” di Laura Boldrini fatto in rete, sempre da un fanatico di destra, fascista o leghista. Che poi sono la stessa cosa. Sulle responsabilità di questa situazione si rimpallano le accuse. Colpa dei professionisti dell’odio come Salvini, oppure è colpa del Governo che non è in grado di fermare ma anzi favorisce l’andata migratoria? Spesso definita come “invasione” nonostante i numeri smentiscano chiaramente questa affermazione. Però si insiste nel dire che la situazione è fuori controllo, anche da parte di molti commentatori che si dicono dalla parte della solidarietà e dell’accoglienza, finendo per avallare le inaccettabili tesi di Salvini e gli umori che si sentono su questo problema. Mentre il M5S, che pensa solo alle convenienze elettorali, evita accuratamente di prendere una posizione di condanna sugli episodi di violenza razzista. E quando può strizza l’occhio alle pulsioni anti-immigrati.
Tutto questo in un contesto sociale del Paese caratterizzato dalla rabbia e dal rancore, come ha ben descritto il CENSIS nel suo ultimo rapporto sulla società italiana. Ecco che si presenta assai difficile discutere con razionalità e spirito costruttivo di questo problema, e allora prendono piede le peggiori semplificazioni demagogiche. E sul piano politico non se ne viene a capo. La mia opinione è che per affrontare in modo efficace la questione bisogna partire proprio dalle ragioni e dalle motivazioni che stanno alla base di quella rabbia e di quel rancore, se vogliamo ritrovare il modo di dialogare e di farsi ascoltare da coloro che scaricano sul problema immigrazione tutto il loro disagio economico e sociale, compreso il senso di abbandono e di solitudine. Quindi il punto di fondo va visto nel processo di allargamento delle diseguaglianze e di impoverimento di ampi settori della società che è venuto avanti negli ultimi dieci anni, compresa la prospettiva di enorme precarietà che segnato e segna il tema del lavoro. Gran parte delle insicurezze, delle paure, nascono da qui.
La politica, soprattutto a sinistra e tra le forze progressiste, sarà in grado di dare risposte convincenti, nel senso di un recupero di credibilità e di presenza, proprio verso i settori più deboli e più esposti della società, se rimette al centro politiche improntate all’equità e alla giustizia sociale. Questo è “l’antidoto al rancore” auspicato dal sociologo che per primo ha individuato, più di dieci anni fa, nel rancore e nel risentimento sociale il principale rischio per la tenuta democratica del Paese. Si tratta di Aldo Bonomi, che oggi sottolinea la necessità di “ripartire dagli esclusi”. Ciò significa cambiare profondamente le politiche sul lavoro, la scuola, i grandi servizi pubblici, portate avanti dai Governi a guida PD, che nella sostanza non hanno mutato gli indirizzi di fondo precedenti. Ma questo “antidoto” non riguarda solo la sinistra o il centrosinistra, riguarda tutte quelle forze, quelle realtà associative, quelle persone, che guardano con preoccupazione alla spirale di odio e di intolleranza che si respira in giro, nelle relazioni sociali come nella rete e in Facebook. In ogni caso sarebbe comunque utile e importante una discussione reale su questo tema. Non è facile farla in campagna elettorale, si rischia sempre di cadere nel “propagandismo”, ma tuttavia bisogna essere consapevoli che gli effetti del voto possono incidere in senso o in altro. Prendere tempo, rinviare ad un “vedremo”, serve a poco. O può essere tardi.
Per quanto riguarda il mio impegno nella campagna elettorale ieri ho partecipato alla manifestazione di apertura a Firenze, con Pietro Grasso in un affollato teatro Puccini e ricordo che domani sera, lunedì 5 febbraio alle 21, alla stazione Leopolda, ci sarà la presentazione dei candidati di Liberi e Uguali nei collegi uninominali e plurinominali del nostro territorio. Io, ovviamente, ci sarò e spero anche voi.