Scrivo queste righe per fare innanzitutto gli auguri di un buon ferragosto a tutti e tutte. Confesso che in questa prima metà del mese non ho avuto molta voglia di scrivere, e nemmeno di seguire con attenzione la situazione politica. Distrattamente si intravedono, tra i commentatori politici, le prime avvisaglie di una certa caduta di credibilità del contratto di Governo fra Lega e M5S. Tante promesse, tanti annunci e tanta propaganda elettorale. Ma alla verifica dei fatti poche cose stanno in piedi. Eppure al “popolo” piacciono, almeno così dicono i sondaggi. E Salvini che rispolvera Mussolini con le parole e i messaggi: “patria e famiglia” e tante immagini sulle sue uscite, al mare come in montagna, in costume come in divisa, a seconda delle occasioni. E tanta ipocrisia. Sarebbe di sicuro corso ad abbracciare le quattro atlete italiane, tutte di colore, se avessero vinto la medaglia nella 4×400, e nello stesso tempo avrebbe ribadito “prima gli italiani e no allo ius soli”. Stamani un vecchio compagno, tutt’ora iscritto al PD, mi ha detto “vedi Paolo il fascismo può arrivare anche così, senza i manganelli e l’olio di ricino, magari con il consenso dei più”. È una certa dose di ragione ce l’ha. Quantomeno nella preoccupazione. Pensiamo a come in poco tempo si siano moltiplicati episodi di intolleranza e di aggressione verso persone di colore, incredibilmente giustificati come “goliardate”. Si banalizza per non vedere il nesso con i messaggi di sostanziale razzismo che vengono seminati da Salvini e dalla destra fascioleghista. E anche le posizioni retrive sul tema dei diritti civili assunte dalla Lega la dicono lunga sulla cultura che anima il salvinismo. Ciò che stupisce è la predisposizione del M5S a fare da tappetino a queste uscite. Evidentemente l’attrazione del potere vale molto di più di tante chiacchiere sul cambiamento. Se c’è un cambiamento è in peggio, molto in peggio, e assai regressivo. Anche sulle questioni della sicurezza si sta imboccando una strada che non promette niente di buono. L’idea è quella di dare una risposta al problema non migliorando la capacità di risposta dello Stato, ma di illudere che attraverso una maggiore diffusione delle armi correlata alla legittima difesa si possa frenare la criminalità. È una follia, una americanizzazione dannosa che porterebbe ad una crescita enorme della violenza e della “giustizia fai da te”. In proposito vergognosi sono i commenti della destra e dei leghista alla rapina subita in casa dal babbo di Enrico Rossi. Ha ragione Enrico le armi ai privati non servono. E non serve una nuova legge sulla legittima difesa. Le norme ci sono già e funzionano come ha dimostrato la vicenda della tentata rapina alla gioielleria Ferretti a Pisa in cui rimase ucciso uno dei rapinatori. Il giudice ha riconosciuto pienamente il diritto di reazione di Daniele Ferretti, ha fatto giustizia. Ma Ferretti non ha esultato, perché al di là della giustizia ottenuta quando muore qualcuno resta comunque un peso con cui convivere. Allora perché inasprire gli animi, diffondere odio e intolleranza in un Paese già appesantito da una crisi che ha sparso difficoltà e rancore a piene mani fra i ceti popolari e i ceti medi impoveriti, che misurano concretamente un arretramento nelle loro condizioni di vita e di futuro. Si tratta indubbiamente di una opzione politica, che come risposta a questo malessere punta ad una evoluzione neo-autoritaria del nostro assetto democratico e istituzionale. Non è detto che vinca, ma è un punto su cui riflettere. Ma lasciamo per adesso i commenti alla situazione politica, con il proposito di riprenderli con maggiore entusiasmo nelle prossime settimane.
Voglio invece ricordare un amico scomparso pochi giorni fa, dopo una lunga malattia, rara e cattiva. Si tratta di Paolo Giusti (nella foto), residente a Pescia, per molti anni dirigente di primo piano della Regione Toscana. Socialista fino agli anni del craxismo, credeva nell’autonomia regionale e fino dalla nascita della nostra Regione ha contribuito a costruire e gestire l’assetto istituzionale sul piano organizzativo e finanziario. Poi, una volta in pensione, ha fatto parte della Corte dei Conti regionale. Io ho lavorato con lui all’epoca dell’alluvione del 1996 in Alta Versilia e in Garfagnana. Paolo Giusti era il responsabile della struttura tecnica che operò per portare fuori dall’emergenza e attuare la ricostruzione delle zone colpite dalla tragica calamità. La Regione mise su un ufficio straordinario a Pietrasanta per gestire da vicino, in rapporto diretto con i Comuni e i cittadini, i problemi e i progetti per rimettere al posto in sicurezza il territorio e far ripartire l’economia locale. Senza le sue doti organizzative e sue competenze finanziarie non sarebbe stata possibile quella impresa, caratterizzata da una ricostruzione effettuata in quattro anni sulla base di un modello che incorporava la prevenzione insieme alla restituzione a quelle popolazioni delle loro case e dei loro paesi paesi. Peraltro con una idea avanzata di rilancio della cura del territorio montano a partire dalla creazione di nuove opportunità di occupazione in iniziative ambientali e turistiche. Voglio ricordarlo anche qui, il suo prezioso e decisivo lavoro, sicuro di interpretare l’affetto e il cordoglio di tante persone, cittadini, imprese e lavoratori, dei comuni di Stazzema, Serravezza, Pietrasanta, Forte dei Marmi, Montignoso, Vergemoli, Gallicano, e in particolare dei paesi di Cardoso e Fornovolasco. Ciao Paolo, e grazie di tutto.