In questi giorni, dopo i risultati delle elezioni regionali abruzzesi, si avverte chiaramente l’aria di crisi che sta investendo il M5S. Ormai è evidente che Di Maio e i grillini sono ingabbiati nella trama tessuta da Salvini e avvalorata dai loro errori. Le analisi del voto di domenica, che sostanzialmente sono in linea con le tendenze che emergono nei sondaggi nazionali, dicono che c’è una caduta forte di consensi verso il M5S e che in gran parte questi vanno verso la Lega di Salvini. Ciò significa, dato che M5S e Lega governano insieme, che gli elettori non percepiscono una vera differenza politica ma ritengono che Salvini e i leghista siano più credibili e affidabili per governare il Paese. Soprattutto su temi come quelli della sicurezza o dell’immigrazione, ovvero dell’agitazione della rabbia e della paura, sui quali la politica dei cinquestelle si è appiattita totalmente nell’inseguimento delle uscite salviniane. Certo, ci sono questioni serie sulle quali la pensano diversamente e sembrano scontrarsi come la TAV o come la revisione delle autonomie regionali, ma per il M5S sono tutte vicende che si risolveranno in perdita, compreso il voto contrario all’autorizzazione a procedere su Salvini chiesta dalla magistratura. Di fronte a tutto questo c’è da chiedersi cosa sia auspicabile: se il M5S riesca a trovare il modo di arrestare l’emorragia di voti che sta alimentando il bacino della destra leghista, sempre più arrogante e razzista, oppure se immaginare che una rapida decadenza del M5S possa invece favorire il recupero di un’ampia consapevolezza sui rischi e sui pericoli che corre la nostra democrazia con la scalata al potere della destra, schermata dal polverone rancoroso del cosiddetto cambiamento. Ne parlavo con un amico che pure ha avuto simpatie per i cinquestelle ma che ora è attraversato da molti dubbi. E non è il solo. Basta leggere l’intervista a L’Espresso di Giovanni Dosi per vedere chiaramente il fallimento dei propositi grillini in tema di equità sociale e di lotta ai potentati economici. Se poi leggiamo sul Fatto Quotidiano che c’è una nuova casta gialloverde che usa voli di Stato, catering e vino in abbondanza, tanto da “non far decollare il cambiamento”, la frittata è fatta. Allora, se le cose stanno così, è bene che il corso della crisi che sta investendo il M5S si acceleri il più possibile, in modo da diradare le nebbie e le ambiguità che hanno fatto la fortuna del populismo italiano.
Ma dentro a questa confusa situazione politica italiana ci sta anche la sinistra e particolarmente il PD. Negli ultimi giorni, prima Enrico Letta e Romano Prodi e poi Rosy Bindi, hanno posto il problema di riconoscere chiaramente gli errori compiuti dal PD a guida renziana come primo passo per ricostruire le condizioni di una rinascita. Stamani i giornali sono inondati di articoli sul ritorno di Renzi a partire dall’uscita del suo nuovo libro, nel quale rivendica il buono del suo Governo e rifiuta ogni approccio critico. Forse si prepara un bel finale per gli ultimi quindici giorni si campagna per le primarie, sempre che ci sia la voglia di discutere davvero. Ovviamente io non andrò a votare in quanto sostenitore di ArticoloUno e dell’idea che ci sia bisogno di un nuovo soggetto politico coerentemente di sinistra, anche se diversi compagni mi chiedono cosa penso del confronto interno al PD. Certamente non considero i tre candidati alla segreteria e le loro piattaforme uguali e intercambiabili. La proposta di Zingaretti è sicuramente quella più caratterizzata sul piano della discontinuità dalla gestione precedente, ma contiene elementi frenanti rispetto al cambiamento necessario. Che non è solo o principalmente sul segretario e sul gruppo dirigente, ma è innanzitutto sul progetto politico, che allo stato delle cose rimane nell’alveo di un centrosinistra subalterno alle politiche europeiste di stampo liberal-democratico, tipo il manifesto di Calenda. Comunque sarà interessante vedere l’esito finale.
Tuttavia anche tra le molteplici forze che si dichiarano di sinistra c’è bisogno di un processo di confronto che faccia più chiarezza. Mi riferisco in primo luogo a coloro che un anno fa avevano dato vita al progetto di Liberi e Uguali e che ora sono parti di una ulteriore frammentazione. Ma alla vigilia di elezioni amministrative che interessano molti comuni, dove il rischio di un rovesciamento ad opera della destra è reale, credo che tutte le formazioni e le persone di sinistra si debbano porre il problema di unire e concentrare le forze per evitare derive negative sul piano sociale, culturale e civile, alle nostre comunità. Ne dà un esempio l’articolo pubblicato su L’Espresso di questa settimana intitolato “La Torre ? È in fondo a destra”. Però il timore di questo rischio, da solo, non basta. Occorre ragionare e approfondire i problemi che sono al centro delle preoccupazioni dei cittadini nelle realtà urbane, nella vita delle comunità locali, che sembrano pervase di paure. Una occasione per discutere concretamente di questo tema, a partire da studi, proposte e esperienze reali, è data a Pisa dalla presentazione di due libri il prossimo giovedì 21 febbraio. Si tratta in un caso di un lavoro (“Oltre la paura”) elaborato da due docenti di criminologia dell’Università di Milano-Bicocca, con l’obiettivo di delineare un modo democratico per affrontare il tema della sicurezza, e nell’altro di un libro (“Nel labirinto delle paure”) che affonda il ragionamento sull’insicurezza sociale determinata dalla precarietà e dall’immigrazione a partire da una riflessione politica e sociologica importante e da una esperienza pluriennale di amministratore locale, come nel caso di Pierfrancesco Majorino Assessore del Comune di Milano. Invito tutti a partecipare.