Ieri sera, tornando dall’incontro molto partecipato con Pietro Bartolo, ho ammirato il cielo pisano illuminato da grandi nubi colorate di rosso. Speriamo che sia un buon segno in questa primavera che tarda ad arrivare. Intanto leggendo le cronache locali di oggi, dopo la comica fantozziana del “varo” delle porte vinciate all’Incile che ha tenuto banco sui social i giorni scorsi, tornano in prima pagina i furti, le aggressioni, lo spaccio e altri episodi di micro criminalità esattamente come lo scorso anno o due anni o tre anni fa. Le “ruspe della tolleranza zero” tanto care a Salvini e ai leghisti, e tanto sbandierate nella campagna elettorale di un anno fa, non sembra abbiano prodotto risultati. A Pisa come altrove, in Italia. Anzi, paradossalmente, oggi è Salvini che dice che il problema è la percezione ma non la realtà perché il numero dei reati è diminuito. Certo non dice che secondo i dati del Ministero degli Interni i reati sono in diminuzione non da quando c’è lui ma da diversi anni. Ma questo non sorprende vista la sua costante propensione a imbrogliare le carte. Ecco che allora si concentra nella rimozione degli striscioni a lui ostili. E così, per coprire il fallimento di parole d’ordine e di decreti sbagliati sulla sicurezza, anche i leghisti pisani si buttano sulla vicenda del corteo di Canapisa, creando un allarme del tutto sproporzionato, con una esagerazione che sembra più auspicare una degenerazione che non una soluzione gestita e controllata dalle forze dell’ordine. È grave che chi rappresenta le istituzioni come il Sindaco si metta alla testa di una iniziativa faziosa, di parte, e per di più contraria alla Costituzione, come la pretesa di impedire il diritto a manifestare. Ripeto, come ho già scritto nel post del 10 maggio, la cosa migliore è lasciare al Prefetto e al Questore il compito di gestire la vicenda e attenuare il più possibile l’impatto della manifestazione con la città.
Ma tornando al tema della campagna elettorale per le elezioni europee, penso che in questi pochi giorni che ci separano dal 26 maggio sia necessario fare uno sforzo per parlare del merito, di quali sono gli effetti veri, concreti, di quel voto. Purtroppo si discute poco dell’Europa, di quale Europa c’è bisogno, per cercare una via di uscita dalla crisi economica e sociale che vada nella direzione dell’equità e della lotta alle diseguaglianze, e si parla troppo della politica nazionale. L’appello che viene da gran parte delle persone e delle forze politiche della sinistra è quello di “fare fronte” contro la destra e il sovranismo populista. In questo appello c’è una sostanza e una domanda reale, ma per essere credibile, o avanzato e proposto in modo credibile, ha bisogno di coerenza. Mi riferisco soprattutto al PD, che sul piano nazionale non ha indicato chiaramente il senso dell’accordo con Calenda, che auspica una politica di centro moderato, e sul piano locale sembra muoversi con intese e accordi con il centrodestra per la gestione di Enti, società pubbliche o consorzi. Almeno così sembra. Ovviamente sul piano dei rapporti istituzionali fra i comuni non possono esserci limiti politici nel trovare soluzioni praticabili per la gestione dei servizi, ma altra cosa sono accordi fatti e costruiti dalle forze politiche. Anche perché quasi sempre questo tipo di accordi stabiliti fra rappresentanti dei partiti finiscono per penalizzare il territorio e gli orientamenti espressi dai cittadini.
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