Le notizie dal mondo di questo inizio settimana ci segnalano una situazione ancora molto preoccupante sul piano della pandemia Covid-19, insieme ad un ulteriore logoramento della Presidenza Trump a pochi mesi dalle elezioni in Usa. Questa seconda notizia è senza dubbio rincuorante in una fase delle vicende politiche internazionali finora troppo condizionare dal populismo di destra. Speriamo che una svolta avvenga, nonostante il timore che con la crisi aumentino i sentimenti di rabbia e di rancore che hanno alimentato le politiche dei populisti nazionalisti negli ultimi anni. In tal senso un ruolo importante può giocarlo l’Europa, se decide di diventare un soggetto politico e istituzionale davvero unito e autonomo, in grado di pesare negli assetti economici del pianeta e nel suo sviluppo. A cominciare dalla battaglia sul mutamento climatico, per la difesa dell’equilibrio ambientale della Terra. Fino ad oggi, purtroppo, di questo ruolo poco o niente si è visto. Solo con la grave crisi innescata dal Coronavirus abbiamo visto una reazione che pare positiva, attraverso l’adozione di misure anti-crisi che hanno messo da parte il principio dell’austerità e recuperato quello della solidarietà. Ma i passi da fare sono ancora tanti e speriamo che le resistenze vengano presto superate.
In tale contesto si è sviluppata l’iniziativa degli Stati Generali promossa dal Governo Conte, che si è conclusa ieri dopo una settimana di incontri. Vedremo quanto è stata utile nelle prossime settimane. Al momento non è ancora ben definita la prospettiva economica e sociale entro cui collocare le misure concrete di rilancio da attuare con le risorse individuate nel bilancio dello Stato e con quelle che arriveranno dall’Europa. È chiaro che per la destra italiana, così come per la Confindustria, il quadro di riferimento è quello (solito) del neoliberismo, mentre ancora nel centrosinistra faticano a emergere indirizzi chiari in direzione del cambiamento nelle politiche per la tutela ambientale e la riduzione delle diseguaglianze, e anche per l’istruzione e la ricerca che sono fattori basilari per la capacità competitiva dell’Italia.
Sul piano delle vicende politiche colpisce la polemica interna al PD, sollevata dall’intervento del Sindaco di Bergamo Giorgio Gori che ha proposto un cambiamento nella segreteria, attribuendo a Zingaretti il limite di espansione attuale del partito. Qualcuno si è meravigliato, io no perché penso che l’obbiettivo dei renziani rimasti nel PD, come lo stesso Gori, sia proprio quello di continuare a lavorare per Matteo Renzi. Del resto il fatto che nessuno di loro, di quelli che sono stati i beneficiari e i portatori principali del renzismo nel PD, non abbia fatto nessuna seria riflessione – vorrei dire autocritica ma forse è troppo – dopo la scissione di Renzi e la fondazione di Italia Viva ne è una dimostrazione eloquente. Ed ora concorrono pure a prendere o mantenere posizioni sotto le insegne del PD ma continuando a pensare al loro ispiratore e leader, al Matteo fiorentino. Mi dispiace per il PD, ma è evidente che un eccesso di mediazioni, sulla base del tentativo di “tenere tutto insieme”, senza chiarezza politica, non porta molto lontano.