Mentre il Governo vara provvedimenti volti ad affrontare la crisi e a rilanciare il Paese puntando (non ci sono alternative) sulla utilizzazione dei fondi europei, permangono e si allargano le preoccupazioni sul versante della situazione sociale. Tra l’altro in un contesto internazionale ancora segnato da un serio allarme sull’espansione del Covid-19. Il virus è tutt’altro che scomparso, come sostengono alcuni. L’Italia ha affrontato e gestito l’emergenza in modo certamente più efficace di altri Paesi e ora sta lentamente cercando di ritornare, come si dice, alla normalità.
Forse sarebbe più utile dire che quella passata normalità vada cambiata, che gli usi e gli stili di vita basati su un certo modo di consumare e di utilizzare le risorse naturali vanno rivisti, che l’idea della sostenibilità dello sviluppo vada tradotta in fatti reali. Invece, mi pare, le strade che si stanno imboccando per la ripresa parlino ancora un linguaggio del passato: quello, delle grandi opere non come progetti funzionali e necessari al territorio ma come fattore di traino dell’economia, spesso a prescindere dagli effetti reali sull’economia; oppure si inseguono sollecitazioni sulle semplificazioni che alludono alla necessità non tanto di sveltire quanto nel far saltare le regole di controllo e di trasparenza sul lavoro e sugli appalti.
Tutto questo in un Paese che oltre al record dell’evasione fiscale ha anche quello della corruzione e dell’inquinamento malavitoso, che riguarda sia l’attività pubblica che quella privata. Ma sembra che questo tema sia scomparso di fronte alla crisi e agli interessi che si stanno muovendo. Tra l’altro proprio ieri la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, ha suonato il campanello d’allarme sugli effetti sociali della contrazione economica parlando di un “autunno caldo” che ci attende e che può avere risvolti difficili sul piano delle tensioni sociali. Del resto l’effetto più visibile che ci ha lasciato finora la pandemia Covid-19 non è, come si diceva, che diventeremo tutti più buoni, ma nel concreto quello che si vede chiaramente è un aumento delle diseguaglianze e delle situazioni di povertà. In tale contesto si fa fatica a capire il senso di incertezza e di confusione che assai spesso trasmette la maggioranza di governo.
L’assenza di una prospettiva, di un progetto condiviso per il futuro del Paese, di una proposta politica che guardi oltre la mediazione del giorno per giorno, rende il quadro politico estremamente fragile e, soprattutto, non in grado di trasmettere fiducia ai cittadini. Ciò rende facile il gioco delle opposizioni, politiche e sociali, che possono tranquillamente fare il “più uno” su ogni provvedimento e, allo stesso tempo, cavalcare la rabbia del disagio sociale. Ed è su questo piano che si manifesta la grave miopia che caratterizza la politica del M5S, che senza una scelta strategica in direzione di una alleanza per governare il Paese porta solo al galleggiamento in attesa della fine della legislatura, perché nessuno dei parlamentari vuole rischiare di andare a casa prima del previsto. E quest’ultima considerazione vale anche per Italia Viva, che al di là dei tatticismi quotidiani di Renzi punta a tenere in piedi l’attuale quadro di precarietà politica.
Le elezioni regionali del prossimo settembre potevano essere una occasione importante per affrontare questo problema e verificare la possibilità di aprire una fase nuova. Con la costruzione di un percorso di alleanza fondato sulla convergenza programmatica si poteva da un lato mettere insieme coalizioni più competitive contro la demagogia populista della destra, che punta ad essere vincente in molte Regioni e Comuni, e dall’altro poteva rafforzare la tenuta e la credibilità della maggioranza che sostiene il Governo. Purtroppo però ben pochi si sono spesi, tra l’altro in ritardo, per provare a far diventare questa idea una realtà. Il PD in particolare, dimostra nel complesso di essere tutt’ora condizionato da posizioni politiche interne derivanti dalla fase precedente alla segreteria Zingaretti. Ripeto che così, senza chiarezza sul progetto politico, per il centrosinistra sarà difficile recuperare la credibilità persa. E comunque a sinistra il problema di mettere in campo una proposta nuova riguarda tutti.