Finora il nuovo anno non ha dato grandi segnali di novità in positivo. Certo, è iniziata la campagna di vaccinazione ed è un fatto importante, anche se bisogna maturare la consapevolezza che per arrivare a risultati consistenti ci vorranno ancora diversi mesi. Però nel frattempo, siamo di fronte alla possibilità di una ripresa espansiva del contagio in contesto europeo che resta assai preoccupante, con la possibilità di un’accelerazione della crisi economica e sociale. Inoltre ad aumentare ancora il quadro di incertezza e di confusione in Italia ci pensa la situazione politica, condizionata dai comportamenti irresponsabili di Renzi, dettati da calcoli di potere e di visibilità personale, e dall’assenza di un progetto strategico della maggioranza di governo sul futuro del Paese. In condizioni normali sarebbe logica la via delle elezioni, ma ciò è reso molto difficile, se non impossibile, sia dalla grave emergenza sanitaria che permane, sia dalla mancanza di regole elettorali equilibrate e praticabili in ragione della riduzione del numero dei parlamentari confermata dal referendum. L’annunciata e attesa riforma della legge elettorale è del tutto in alto mare. Ed è proprio contando sull’impraticabilità del ricorso alle urne che Renzi rilancia le sue pretese. Di fatto, siamo in una crisi di Governo strisciante; vedremo nelle prossime ore se e come ne usciremo fuori.
Sul piano locale invece si assiste al solito tran tran. Gli amministratori locali si limitano a gestire le cose ordinarie e ad assecondare, soprattutto a parole, le comprensibili proteste degli operatori del settore economico e commerciale in serie difficoltà per le restrizioni imposte dalla pandemia. Talvolta eludendo il fatto scatenante, ovvero il rischio espansione del virus e individuando invece la causa dei disagi nei decreti del Governo. Ma nel complesso è difficile individuare iniziative sul piano locale capaci di proporre un ragionamento sulle conseguenze e sulle cose da fare sul dopo pandemia. In tal senso ho provato a stimolare una discussione con un post dei giorni scorsi che ripropongo con l’aggiunta di una riflessione sulla vicenda degli aeroporti toscani.
Leggendo le considerazioni del rapporto sul turismo in Italia e in Toscana, presentate dalla rivista “Italian Journal of Tourism”, si conferma la situazione drammaticamente critica del settore e si dice esplicitamente che nel migliore dei casi potrà tornare ai livelli pre-Covid nel 2024. Cioè fra tre anni. I dati della Toscana parlano di un crollo sia nelle presenze turistiche straniere che in quelle italiane. Per Pisa si valuta la diminuzione complessiva delle presenze intorno al 58/60%. A occhio ci sembrerebbero di più. Ma anche ammesso, e non concesso, che fra tre anni si torni alla situazione precedente si può ragionare solo in termini di “ripartenza”? Di ritorno al passato? Intanto c’è il problema di capire come le attività economiche legate al turismo possano reggere per un periodo così lungo. E poi c’è da capire se le caratteristiche e i flussi del turismo saranno gli stessi o muteranno in quantità e in qualità; cosa che in una misura consistente vale anche per il traffico di passeggeri nel sistema aeroportuale toscano. Stupisce vedere che domande così basilari siano totalmente assenti nelle dichiarazioni e nelle interviste dei principali esponenti delle amministrazioni regionale e comunale della nostra Regione, che nelle cose da fare ripropongono meccanicamente i ragionamenti e le proposte della situazione precedente alla pandemia e alla crisi che ha determinato. Peraltro senza porsi nemmeno per un attimo il problema se gli interventi programmati due o tre anni fa siano ancora validi ed economicamente ed ambientalmente giustificati, oltre che sostenibili. Il Sindaco di Pisa ha ripetuto nelle dichiarazioni di fine e inizio anno l’elencazione di interventi e propositi ben conosciuti, che in gran parte hanno origini lontane, precedenti all’attuale Giunta, ma del tutto privi di una riflessione sul contesto in cui vanno ad inserirsi e manchevoli di idee volte ad affrontare la crisi. Per esempio sul turismo occorre rapidamente creare le condizioni per valutare le possibilità di incidere sulla domanda attraverso una riqualificazione dell’offerta e della promozione di percorsi innovativi sul piano culturale, davvero in grado di aumentare la fruizione turistica e i tempi di permanenza in città. Il problema principale non è quello di discutere di chi sia il merito delle cose che si realizzano oggi o domani; il problema è che manca una visione sul futuro di Pisa come “città della cultura e del sapere” mentre si pensa invece ad una città dello sviluppo immobiliare vecchio stile. Perché questo significa presentare un Piano Strutturale che prevede una urbanizzazione complessiva di nuovo suolo per oltre 110 ettari, in una realtà che vede una notevole quantità di appartamenti vuoti o affittati in un mercato tutto da verificare come quello studentesco. Tra l’altro con operazioni discutibili come l’intercludere un’ampia area agricola all’interno di una nuova viabilità. Pensare di giustificare queste scelte con l’arcivecchio argomento di riportare Pisa a centomila abitanti, che faticava a stare in piedi già quando i processi demografici avevano tassi di crescita positivi, è di fatto la conferma di una idea dello sviluppo lontana e contraria dal concetto della sostenibilità. Ecco, quello che dovrebbe portare l’anno nuovo è proprio una riflessione seria sulla portata della crisi che stiamo vivendo e sulle conseguenze che lascerà la pandemia, per ragionare e ripensare le condizioni di una migliore qualità della vita domani; in termini di tutela della salute, dell’ambiente, della socialità e di contrasto alla crescita della povertà.
Negli ultimi tempi non sono mancati alcuni interventi di esponenti del territorio pisano che hanno posto l’accento sulla necessità di superare posizioni campanilistiche, definendo tali quelle di chi difende il Galilei e critica il progetto della nuova pista a Peretola. Perché, si dice, Pisa e Firenze devono andare avanti insieme altrimenti vince Bologna. Ora, aldilà dell’ipocrisia che sta in una simile affermazione del tutto separata dalla concretezza dei fatti (ovvero la realizzazione di un’opera che non integra ma doppia le piste con costi ambientali e finanziari enormi), c’è da osservare che la definizione di “posizione campanilistica” può essere ben attribuita, quando si agita lo spauracchio della competizione con Bologna, sia a Firenze che alla Toscana. Comunque ciò che più colpisce è il silenzio di tanti, a cominciare da alcune forze politiche e di associazioni di categoria di fronte all’incredibile sgarbo istituzionale del Consiglio di amministrazione di Toscana Aeroporti che mette all’indice il Consiglio comunale di Pisa, “colpevole di criticare” le scelte della Società. Il Sindaco Conti ha timidamente dichiarato che comunque con lui dovranno parlare perché socio, sebbene di minoranza. Ci mancherebbe… Ma non gli viene in mente che, come Sindaco, massimo rappresentante della città e del Consiglio Comunale, ha tutti gli strumenti per imporre un confronto a Toscana Aeroporti? Non gli viene in mente, di fronte ad uno sgarbo simile, di chiedere al Presidente della Regione di prendere una posizione di solidarietà, per il rispetto del Consiglio Comunale? E non gli viene in mente di chiedere ai componenti pisani di quel CdA, taluni molto vicini alla sua amministrazione, che hanno votato o approvato la “rottura dei rapporti” con il Comune di Pisa, una qualche seria motivazione in proposito?